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Amore e relazioni

Superare un tradimento e perdonare

Montagne innevate ad Asiago

Paola ha scritto: Caro Pier, da circa sei mesi sto attraversando un periodo molto doloroso, da quando ho scoperto di essere stata tradita da mio marito dopo ventisei anni di matrimonio. Lui dice che non ha mai saputo amarmi, sempre preso dal lavoro, in competizione, a rincorrere la sua realizzazione, alla ricerca di una qualche forma di potere per sentirsi più forte ed apprezzato in società.  Io sono cresciuta priva di quella forza e sicurezza necessarie per vivere liberi, e così le ho cercate sempre negli altri, in particolar modo in mio marito: questo ha generato una mia forte dipendenza affettiva nei suoi confronti. Quando ho scoperto il tradimento in me è esplosa una rabbia tremenda che ho trattenuto, cosa che ha provocato una ferita molto profonda in me che fatica a rimarginarsi. Lui riconosce di aver sbagliato, ha capito che sono molto preziosa per lui, ma con il tradimento è come se mi avesse consegnata a me stessa. Sto cercando un equilibrio e per questo mi sto facendo seguire da una psicologa per elaborare questo evento. Vorrei un giorno arrivare a perdonare il male subito, vorrei sviluppare la mia parte spirituale, comprendere il motivo di tutto questo dolore, la lezione che devo imparare. Perché non riesco a perdonare? L'amore non perdona tutto come insegna il Vangelo? Una tua condivisione mi farebbe molto piacere.

Grazie tante,
Paola

Pier ha risposto: La nostra “parte spirituale” non è cosa che si possa sviluppare. È già presente, deve solo essere risvegliata, lasciata emergere dagli strati di polvere che il tempo vi ha sovrapposto. È come il nostro stato di veglia. Se una persona sta dormendo non pensi che debba sviluppare il suo stato di veglia, ma che debba semplicemente svegliarsi. Simile è il rapporto che sussiste fra la coscienza condizionata è coscienza liberata. Abbandona i condizionamenti ed ecco la libertà e la pace, rompi il sonno ed ecco il risveglio.Libertà e pace non possono essere ottenuti o sviluppati perché sono la nostra stessa natura, ciò che siamo prima che ogni nostro pensiero sia, ciò che eravamo prima che questo corpo fosse e ciò che saremo quando questo gioco di relazioni e desideri finirà. Il nostro problema non sta nel ‘come ottenere la libertà’, ma nel comprendere ‘perché non siamo liberi’. Ci sentiamo spesso confusi e dipendenti perché ci siamo troppo identificati con ‘il fuori’, con le persone, le attività che svolgiamo, il ruolo sociale che ricopriamo e con i tanti desideri che nutriamo, perdendo così la consapevolezza della nostra stessa essenza. Abbiamo iniziato a credere essenziali cose che non lo sono affatto.

Ora, se hai veramente compreso che ‘il fuori’ non può rispondere in modo definitivo alla tua sete di libertà, inizia a riappropriarti di te stessa!

Mi chiedi poi perché non riesci a perdonare? Credo tu sia più interessata a risistemare le cose del tuo vecchio mondo che a scoprire la tua vera natura interiore. Il Vangelo parla del perdono, sì, ma prima del perdono parla del regno di Dio. Nei Vangeli, è l’amore di Dio che ci consente di perdonare i peccati e amare i nemici, non il nostro sforzo di perdonare per poter rimanere in una relazione che desideriamo in un certo modo. Capisci cosa intendo? Nei Vangeli viene prima la verità e la ricerca di Dio, poi mariti e mogli. Come puoi trascendere il male subito se non hai trovato una risposta alla sofferenza che genera il tuo vuoto interiore, alla tua vecchia sensazione di fragilità che porti nel cuore? Se fino a ieri tuo marito era la persona a cui ti appoggiavi ed ora quel sostegno si è rivelato fragile e ingannevole, dove puoi trovare la forza per perdonare, per amare al di là delle debolezze che hai visto in lui? I Vangeli ti direbbero in Dio. Ma se vuoi perdonare senza aver fatto i conti con Dio è come se volessi offrire una cena senza avere un soldo. Spesso ci occupiamo di spiritualità unicamente nella speranza di ritrovare la pace sufficiente a porre nuovamente i nostri mariti e le nostre relazioni al centro dei sogni che facevamo prima che subissimo un brusco risveglio. Capisci cosa intendo? Siamo un po’ imbroglioni, e Dio, che la nostra stessa essenza, l’inganno lo conosce prima che arrivi al nostro pensiero.

Se ti occupassi seriamente e unicamente del tuo risveglio, di Dio, della tua Coscienza Originaria o come vogliamo chiamare l’indefinibile, probabilmente non si porrebbe nemmeno più il problema del perdono.

Se nel pieno di un’escursione in una buia e profonda grotta qualcuno rompe inavvertitamente l’unica lampada che abbiamo, rabbia e perdono hanno pienamente senso. Ma se la lampada venisse rotta mentre si intravede l’uscita della grotta e già si sentono i raggi di una calda e limpida giornata di primavera sulla pelle credi che ci arrabbieremmo e arrovelleremmo cercando un modo per perdonare? Conoscere se stessi significa trovare l’uscita della grotta e non tornare più a vagare fra le ombre e il freddo. Ma la maggior parte delle persone non vuole uscire alla luce del sole, non vuole abbandonare gli stretti cunicoli che ha faticosamente scavato per una vita intera alla ricerca di una tesoro immaginario. La maggior parte delle persone vuole aggiustare la lampada, provare a perdonare chi l’ha rotta e ricominciare a scavare. E se proprio non riesce a perdonare, cerca qualcun altro con cui ricominciare a scavare da un’altra parte.

La vera spiritualità non cerca tesori, non scava trincee, grotte, cunicoli o sepolcri alla ricerca di qualcosa che non esiste. La vera spiritualità ci fa tornare sui nostri passi, ci invita alla conversione (cioè a cambiare direzione, a fare una svolta di 180°), ci fa unicamente ripercorrere a ritroso l’esatta strada che abbiamo fatto per allontanarci da noi stessi, dalla nostra essenza, da Dio. Risvegliarsi significa unicamente comprendere ed abbandonare i condizionamenti che abbiamo fatto entrare nelle nostre menti e nei nostri cuori.

Gentile Paola, ti chiedi cosa devi imparare attraverso questo dolore. Dal mio punto di vista la risposta te la sei già data nella domanda. Dici infatti: “con il tradimento è come se lui mi avesse consegnata a me stessa...”.

Paola, il peggior condizionamento che possiamo ricevere è quello di non avere fiducia in noi stessi, pensare di dovere dipendere da qualcuno per poter essere felici o anche semplicemente per poter vivere. Il tradimento ti ha consegnata a te stessa? Bene! Riparti da lì, perché è lì l’uscita della grotta. Una donna dipendente da un marito che per sentirsi forte rincorre posizione sociale e potere. Non ti pare un circolo vizioso, uno scavare sempre più nel terreno alla ricerca di un tesoro che non esiste? Ora il tradimento vi ha risvegliati un po’, vi ha rigettati a voi stessi. Bene, ripartite da lì! Risvegliarci alla nostra reale natura interiore è l’unica risposta definitiva ad ogni dolore, tradimento, bisogno, dipendenza e paura. Vivere alla luce del sole è anche l’unico modo per potersi vedere e amare veramente. Nelle grotte, al buio, si finisce sempre per cadere malamente.

Un caro saluto,
Pier
 
 

Tags: Come gestire le emozioni, Problemi di coppia

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Commenti   

# Lapis 2013-02-12 22:14
Dadrim, non potevi dare una risposta più giusta e più chiara di questa! Hai descritto perfettamente la non-vita di molte coppie di oggi. Tutti in coppia pur di non restare soli. La paura della solitudine fa fare molti errori e per le persone insicure la dipendenza affettiva è dietro l'angolo. Continui a dare, convinto che sia giusto così...e poi scopri la triste verità. Non hai mai amato te stesso e non esiste un metodo per "farsi amare". Ci vuole più rispetto per se stessi, ma lo capisci solo dopo aver attraversato mille ostacoli nel buio.
# pamitrano 2013-02-13 16:58
Gentile Dadrim, e' vero quando dici che Paola deve trovare fiducia in se stessa, ma come si fa'? Da soli non e' possibile,con un terapeuta rischi il "Transfer".La dipendenza da una persona, e' terribile, io ne ho sofferto e ne soffro ancora sia pure meno.Stare soli non e' facile, certo come dici tu non avere fiducia in se stessi e' il male peggiore,ma a volte non basta una vita a capovolgere la situazione, inevitabilmente si finisce dallo psichiatra che ti da' le pillole della felicita', ma poi sarai costretto a scendere di nuovo dalla nuvoletta.Il miglior aiuto e' metterti in condizione di non chiedere piu' aiuto, eh gia' .........
+2 # Dadrim 2013-02-13 22:43
Chi l'ha detto che da soli non si può trovare fiducia in se stessi? Per esempio, io sostengo esattamente il contrario. Tutto questo spazio è un invito a riscoprire la fiducia in Sé e da sé. Infatti se la tua fiducia fosse il prodotto di un fattore esterno all’individuo non sarebbe fiducia in sé ma in qualcosa d'altro. È vero che molte persone vivono momenti di fiducia in se stesse e nella vita quando il lavoro porta buoni risultati o trovano un nuovo amore, ma questa non è vera fiducia in se stessi, è solo l'illusione di un momento, l'identificazio ne al buon andamento di qualcosa di esterno, e come dovremmo ben sapere, se abbiamo vissuto abbastanza, il vento cambia e non ci possiamo fare nulla. Le relazioni possono finire, i lavori si perdono, i soldi pure, la salute idem, gli amici vanno e vengono, e così è un po' per tutto. Ecco allora che prendendo atto dell'assoluta transitorietà di ogni fenomeno che incontriamo una domanda dovrebbe sorgere spontanea in un essere senziente. Su cosa possiamo fondare la nostra esistenza, la nostra libertà e fiducia? Esiste qualcosa che non va e viene, che non dipende sempre da fattori contingenti, che possiamo dire, senza riserve, che ci appartiene o che noi vi apparteniamo?
Per me la risposta è si! Qualcosa esiste! Qualcosa che è così vicina a noi da non permetterci nemmeno di percepirla. Quella cosa è la nostra stessa Presenza, la nostra Coscienza originaria, il nostro Essere, Dio o come la vogliamo chiamare.

Noi viviamo coscienti ma non consapevoli di essere coscienti, e questo è il guaio, l’effetto devastante delle nostre identificazioni . Siamo sempre coscienti dei nostri problemi, piaceri e affari, ma quasi mai di noi stessi, nel nostro puro e semplice Essere. Forse ricordiamo dei momenti particolarmente intensi e lucidi di quando eravamo bambini, quando le nostre menti e i nostri cuori non erano così profondamente ingolfati come lo sono oggi. Molte persone non ricordano nemmeno quei momenti, pertanto fanno veramente fatica a comprendere di cosa stiamo parlando.

Viviamo così presi dal vortice dei nostri pensieri e delle nostre emozioni da non riuscire a percepire quella Presenza che per assurdo permette ogni nostro pensiero ed emozione. Quella Presenza è sempre con noi, siamo noi, ma non riusciamo a percepirla presi come siamo dalle nostre mille faccende. Quella Presenza è l’unica vera nostra fonte possibile di fiducia, amore e libertà, ma quella Presenza non ha nulla a che vedere con la nostra personalità. La personalità è una sovrastruttura, un ramo spurio della nostra Presenza Originaria. Non dobbiamo pertanto confondere la fiducia che si può provare per il nostro ego o personalità con la fiducia che nasce spontaneamente dal contatto con la nostra Presenza. Avere fede nel proprio ego è, nel migliore dei casi, un momentaneo inganno, spesso una vera e propria condanna. Diversamente, risvegliarsi alla Presenza che ci “abita” è la realizzazione della vera fiducia e del vero amore.

Sono d’accordo con te, Pamitrano, quando dici che a volte non basta una vita per capovolgere la situazione, ma come spesso ripeto, se una persona comprende la realtà dei fatti cos’altro le rimane di meglio da fare del provare a risvegliarsi alla Vita, alla propria Presenza? Sono però altrettanto convinto che se un uomo dedica tutto se stesso, con serietà e intelligenza, a questo “scopo”, il risultato non può tardare. Infondo non siamo in grado di ridestarci proprio perché la nostra energia è dispersa in mille direzioni, frammentata da mille idee e desideri. Se mettessimo tutto noi stessi nel tentativo di conoscere noi stessi, mi spieghi cosa potrebbe impedircelo? Per quanti sforzi un uomo faccia, nel mondo esterno non è detto che riesca a raggiungere i suoi obbiettivi, ma per quanto riguarda il suo mondo interiore chi o che cosa può intralciarlo?

Dobbiamo spostare il fuoco della nostra attenzione dalle cose a colui che percepisce le cose, tutto qui, il resto viene da sé. Rimanere alla radice del pensiero e delle emozioni, perseverare nel tentare di non cadere preda degli eventi, nel rimanere testimoni di ciò che avviene dentro e fuori di noi, oggi, domani, sino alla fine della nostra vecchia struttura mentale condizionata.
Questa, per me, è l’unica medicina dell’anima, ciò che permette alla coscienza condizionata di riappropriarsi della sua natura originaria, una natura libera e felice a discapito di ogni situazione o evento.
Il problema è che la maggior parte di noi cerca unicamente un dio che esaudisca desideri, uno psicologo che ascolti le nostre paturnie e ci dia qualche consiglio per aggiustare un po’ la solita vita e alla fine (o all’inizio) un medico che prescriva pilloline del buon sonno.
# pamitrano 2013-02-16 15:02
Ti sono molto grato di questa risposta

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