Ciò che è fuori è solo un riflesso di quel che è dentro
G. ha scritto: Ogni volta che rientro nel mio paese d'origine mi sento fortemente sedotto, pervaso da una sensazione profonda di rispetto e d’appartenenza. È come se qualcosa, in profondità, legato alla mia infanzia vissuta in quei luoghi, si risvegliasse, tornasse a pulsare, rinascesse. Lo stato meditativo mi accade più naturalmente, percependo semplicemente gli odori, l'atmosfera che permea quella realtà. Il cercare lì non mi serve, basta che rimanga spogliato da tutto e mi ritrovo. L'Albania è il paese delle aquile, è una terra ben diversa dall'Italia, di civiltà non ce n’è molta, ed è questa la bellezza: più selvaggità, imprevedibilità. Tutto in questo paese è precario, la gente ha ancora negli occhi qualcosa di viscerale, che, se centrato nella consapevolezza, permette di scorgere il mondo senza bisogno di migrare altrove. È strano, quando mi trovavo lì, tempo fa, feci di tutto per andare alla ricerca della mia posizione nella società migrando. Adesso invece, tornando, scopro uno sguardo denudato da tutto. È un misto che mi turba, piacere e attenzione estrema. La gente è abbastanza intransigente lì, legata ai bisogni primordiali, ma ciò mi rende più vivo. Infine, la gioia è di casa, vado a rincontrare un caro amico, lasciato in quei luoghi tempo addietro: la mia Essenza!
Pier ha risposto: V’è molta bellezza e profondità in questa tua lettera. Si sente che nasce dal cuore e che non ha nulla a che fare con il pensiero. In risposta, vorrei solo sottolineare alcune cose che forse possono aiutarci a comprendere meglio come si muove il nostro pensiero. Sono certo che ora, tornando al tuo paese, tu percepisca una visceralità e una naturalezza che paesi più industrializzati e ricchi come l’Italia non possono più offrire – anche se ciò non vale per l'intero territorio nazionale – , ma questa percezione la puoi avere proprio e unicamente perché hai fatto esperienza della diversità, della scintilla che si genera quando si vive il contrasto fra due dimensioni differenti. Chi è sempre vissuto in un'unica dimensione non può comprendere le bellezze che quella dimensione nasconde, come un pesce non può capire l’importanza dell’acqua sino a quando non cade in una rete e viene gettato sotto il sole cocente sulla spiaggia. Conosco il giorno solo perché v’è la notte, conosco la gioia solo perché v’è il dolore, conosco la vita solo perché v’è la morte. La realtà che percepisce la nostra coscienza è costituita dall'alternanza perpetua di fenomeni contrari. In questa realtà, la nostra mente, con il suo desiderare, oscilla continuamente come un pendolo da un opposto all’altro. Questo movimento può risultare piacevole per un certo periodo, ma alla lunga, se non penetrato nella sua unitaria essenza, ci fa divenire insensibili. Quel che tu riporti, metaforicamente, rievoca l’apparente opposizione che sussiste fra conscio e inconscio, fra introverso ed estroverso, fra antico e nuovo, istintuale e razionale, ma questa distinzione è sempre frutto di una percezione soggettiva data dal movimento dei sensi lungo quell’infinita scala di tonalità che compone l’arcobaleno delle nostre possibili percezioni.
Ad un italiano vivere per un periodo in una qualche metropoli americana creerebbe lo stesso effetto che tu hai vissuto esperendo il contrasto fra Italia e Albania. Questo vale anche per un abitante di un piccolo paese della Sardegna che si trasferisce a Verona per poi tornare nel suo paesino. Tutto dipende dalle condizioni in cui ci siamo abituati a vivere.
Resta comunque il fatto che l’effettivo rapporto di paragone fra le nostre differenti forme di società si gioca sempre all’interno di uno schema di maggiore o minore complessità. Questo non significa che una cultura più complessa sia anche una cultura più sana, anzi. I paesi più industrializzati e progrediti tecnologicamente detengono sicuramente una maggiore conoscenza scientifica, questo, però, negli ultimi decenni ha paradossalmente causato un progressivo deterioramento della dimensione etica e spirituale della società. Sembra che maggiori possibilità economiche e tecnologiche abbiano scatenato i lati più infantili ed egocentrici degli esseri umani. I paesi più arretrati a livello economico e industriale trattengono invece un maggiore legame con i ritmi della natura e con gli elementi più essenziali e semplici della vita umana. Questa dimensione ha sicuramente un suo fascino per chi viene da realtà più complesse. Certamente l’esperienza del contrasto fra complessità e semplicità, bisogni primari e bisogni secondari, se non inutili, può aiutarci a trovare un equilibrio maggiore, ma unicamente se riusciamo a fare una sintesi, evitando, come fanno molti, di saltare continuamente da una dimensione all’altra come canarini in gabbia che per noia passano da un trespolo all'altro.
Spesso, purtroppo, quando siamo stanchi della complessità e della follia delle nostre società ci immergiamo per un po' di tempo in realtà più semplici e "primitive", poi, però, ci stanchiamo anche di questo, tornando al nostro ambiente usuale senza averne ricavato nulla. Se ci muoviamo in questo modo non approdiamo a nulla, giriamo solo in cerchio, poiché il cambiamento che otteniamo è unicamente dato da una modificazione temporanea delle condizioni esterne, ambientali.
Ritengo che il vero cambiamento possa avvenire solo quando scoviamo “l’Albania che vive dentro di noi”, riuscendo poi ad armonizzare questo ritrovamento con la complessità che la modernità ci offre. Infatti è nella sintesi fra interno ed esterno, fra semplice e complesso, fra razionale e istintuale, che possiamo raggiungere un nuovo, vero equilibrio capace di rispondere ai problemi del nostro tempo. Trovare lo stato atavico e naturale del nostro essere richiede un processo di ricerca consapevole. Immergersi in un ambiente che rievoca quello stato può divenire unicamente una fuga dalla fatica che comporta la ricerca di un reale e duraturo equilibrio interiore. I paesi e le culture più legate ai ritmi della terra e alle dinamiche ancestrali sono sicuramente permeati da un intenso profumo di mistero e magia, ma non possiamo negare la violenza, l'ignoranza e la bestialità che ancora conservano. La loro innocenza è simile all’innocenza del bambino: meravigliosa quanto inconsapevole. Il bambino quando ha fame piange, quando è arrabbiato grida e dà pugni, quando ha sonno dorme. Il suo essere e agire sono avvolti da un'innocente ignoranza. L’innocenza del saggio, diversamente, non nasce da uno stato di inconsapevolezza del bene e del male, ma da uno stato di superamento conscio di tutte quelle dinamiche che determinano un agire gruppale, di branco, bestiale, ancora legato a logiche di sopravvivenza o di follia egocentrica come quelle che contraddistinguono l'occidente. Infatti, l'occidente, quella fetta di mondo che si considera più evoluta di ogni altra civiltà passata e contemporanea, dovrebbe fermarsi per guardarsi un pochino allo specchio, da tutti i punti di vista: tecnologicamente, spiritualmente e culturalmente. L'occidente si ritiene l'apogeo dell'evoluzione umana, ritiene di aver raggiunto la massima espressione etica e spirituale. Gli Stati Uniti, baluardo dell'occidente, hanno il più alto numero di morti per arma da fuoco fra tutti i paesi del mondo. Oltre ad avere ancora la pena di morte, sono anche tra i primi paesi al mondo per numero di giustiziati, e sono sempre ai vertici anche per produzione di armi e inquinamento globale. Insomma, sembra che la bestialità e la violenza che spesso imputiamo a paesi più semplici e "arretratiti", nel nostro occidente si sia solo trovata delle giustificazioni più complesse e astute. Basti pensare all'olocausto, una fra le barbarie più immani della storia umana, perpetrata proprio dalla nazione più progredita culturalmente e tecnologicamente del secolo scorso.
Il bambino quando fa i capricci può dare calci, ma pare che l'adulto, proprio colui che si pensa misura e traguardo di ogni cosa, per le sue somme idee sia capace di organizzare cose inimmaginabili: torture, stermini di massa, armi nucleari, centrali atomiche, guerre preventive, sedie elettriche, pulizie etniche...
Da quanto detto credo che non possa essere un ritorno ai ritmi primevi dell’esistenza, ad una cultura contadina, quel che potrà determinare una svolta nella nostra coscienza, ne, tanto meno, la continuazione e la diffusione della cultura che contraddistingue quelle società che oggi definiamo moderne e avanzate. Dal mio punto di vista, solo una grande sintesi fra scienza, coscienza e natura potrà evitare l'aumento dell'immensa marea di dolore che sta affogando la nostra umanità. La mente è cresciuta troppo a discapito del cuore. L'Io e divenuto più importante di ogni noi, e le grandi domande sull'uomo sono state soffocate da vuoti tecnicismi.
Tags: Riflessioni sulla vita, Equilibrio interiore
Commenti
Ciao,
Giulio
E' diventata più piccola la mamma.
Quasi si fosse abbassata verso terra.
Mi trema il cuore:
piccola, piccola...
Come se fosse la mia bambina,
la mamma.
Va e viene per la camera,
parla da sola,
cerca sempre qualcosa lì all'angolo.
Ha sempre perso qualcosa,
qualcosa ha dimenticato...
Va e viene per la stanza
e a me sembra:
s'impiglierà il piede
nei raggi di sole
che entrano dalla finestra
alla mamma.
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