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La guerra e l’Europa che non c’è

La guerra, con tutto il suo corollario di paura, odio, sofferenza e violenza prosegue baldanzosa, facendo sfilare tutti i suoi burattinai e le sue marionette, ma soprattutto nascondendoci l’aumentare delle sue vittime innocenti. La guerra si espande nel mondo come un fuoco nel bosco in agosto. Non è un incendio accidentale, v'è un nutrito gruppo di piromani costantemente a lavoro. Di guardie forestali non se ne sa niente. A volte si sente qualche voce lontana parlare della necessità di “Canadair, di Vigili del Fuoco, di leggi e indagini accurate”. Ma tutto torna rapidamente nel silenzio, o meglio, nel cupo e muto parlare della vita che brucia, che diviene cenere portata via dal vento. Si fanno continui “esposti contro ignoti” mentre l’inferno di fuoco si allarga inghiottendo sempre più “vegetazione umana”. Ignota è la proveniente dei terroristi apparsi dal nulla che scorrazzano per il Medio Oriente da qualche settimana decapitando persone.

Ignoto è il senso della politica internazionale dell’Occidente con la riaperta frattura fra Europa-America e Russia. Ignoto è il numero di profughi che invadono il vecchio continente, come ancora più ignoto è il loro destino. Come vivranno e cosa faranno in un territorio già prossimo al collasso economico e sociale? Pseudo politici, giornalisti e intellettuali continuano a stupirmi. Se diamo un'occhiata alle maggiori testate giornalistiche italiane o ai maggiori canali televisivi veniamo travolti da servizi e articoli che farebbero apparire film come Top Gun e Rambo seri documentari di guerra. Centinaia di profughi, migliaia di morti, orfani e disperati, centinaia di migliaia di persone rigettate in scenari d’epoche ritenute neri abissi della coscienza umana, come i tempi delle invasioni barbariche o degli attacchi, noti per l’inaudita violenza, del Conte Vlad III di Valacchia in risposta ai tentativi di invasione Ottomani. Gengis khan, nell’era del IPhone e di Facebook, potrebbe essere serenamente ammesso al tavolo delle Nazioni Unite per dare consigli su come si appianano i conflitti.

L’estate è finita, lo show mediatico ha nuovi ordini da rispettare per l’agenda autunnale.

Vediamo più da vicino…

Repubblica, con parole e toni che farebbero impallidire cartoni animati anni 80 come Mazinga Zeta e Goldrake, spara in prima pagina informazioni come questa: “La campagna aerea contro gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico vede l'esordio in combattimento del caccia più moderno della storia: l'americano F-22 Raptor prodotto da Lockheed Martin. Considerato l'erede dell'F-15 Eagle, l'F-22 possiede caratteristiche innovative che gli consentono di essere invisibile ai radar e di poter alloggiare in stive interne le armi. Ha una distanza massima d'operazione fino a 270 km, estendibili a circa 400 km. Ne sono stati realizzati 187 al costo di 339 milioni di dollari. A differenza del controverso progetto dell'F-35, al cui sviluppo partecipa un consorzio di diversi Paesi, tra cui l'Italia, il Congresso ha vietato l'esportazione dei nuovi caccia, perché così sofisticati da rappresentare una seria minaccia per gli stessi Stati Uniti se ne fosse stato concesso l'utilizzo a forze aeree straniere”. Ma vi rendete conto? Scrivono con toni e foto da celebrazione di un grande evento: “L'esordio in combattimento del caccia più moderno della storia: l'americano F-22 Raptor prodotto da Lockheed Martin”. Il caccia Raptor? Ora non vi sentite tutti più sereni, più orgogliosi d’essere Occidentali, di aver gettato milioni di dollari per assemblare una nuova macchina di morte? Non ne sentivate un impellente bisogno?

Come potevamo andare avanti con semplici caccia, bombardieri atomici, aerei invisibili Stealth? Come potevamo portare i nostri bambini a scuola senza sapere che ora possiamo usare anche i nuovissimi Raptor per difendere i confini europei dalla Russia? La mia idea è quella di usarli pure per affondare le imbarcazioni dei disperati che osano attraversare il Mediterraneo. Questi invasori vengono pure a mangiare a sbaffo nella nostra bella Europa dopo che gli abbiamo aiutati a sconfiggere i terroristi e abbattere i governi canaglia che infestavano le loro terre. Se sono cadute pure le loro case e qualche loro parente c’è rimasto sotto cosa ci possiamo fare? Dato che i Predator sono proprio lì a due passi, sulle portaerei d’istanza lungo le coste orientali del Mediterraneo, missile più, missile meno…

Potremmo facilmente risolvere il problema di quel surplus umano che, non preventivamente considerato, fugge da 20 anni di giusti e inevitabili bombardamenti a tappeto di mezzo Medio Oriente. La Lega son certo che apprezzerebbe l’idea. Ma questo è un altro discorso. Repubblica condisce la grande notiziona dei caccia Raptor con questa meravigliosa foto.

Credo che lo guidi Tom Cruise. Altra fondamentale informazione è che “I caccia F/A-18 dell'aviazione americana decollano dalla portaerei George Bush, d’istanza nel Golfo, per effettuare i raid aerei contro le basi di jihadisti dello Stato Islamico in Siria”. La portaerei Bush? Ma questi hanno pure avuto il coraggio di chiamare una nave “Bush”!? A voi non suona inquietante? Un tempo si davano alle cose o ai luoghi di un qualche valore nomi di personaggi di altrettanto indubbio valore, e solitamente il valore di una persona veniva riconosciuto in modo definitivo e inequivocabile dopo anni, se non secoli, dalla sua morte. Non erano i dittatori a dare i loro nomi alle cose?

Una delle navi più prestigiose, forse la più prestigiosa, della nostra Marina Militare, usata come nave scuola, è l’Amerigo Vespucci. Perché non cambiarle nome? Berlusconi o Renzi le starebbe bene, che dite? L’assurdo vuole poi che il nome America derivi proprio da Amerigo Vespucci, il navigatore, esploratore e cartografo italiano che fu tra i primi e più importanti esploratori del Nuovo Mondo.

Le navi di un tempo prendevano nomi di navigatori, donne amate, geni, oggi di individui dalla dubbia morale e dall’ancor più dubbio esercizio del potere. Forse che la sostituzione dei nomi sia causata dall’aver ormai scoperto l’intero spazio navigabile del pianeta, dal fatto che non sappiamo più innamorarci e non abbiamo più geni? Da un altro punto di vista è anche vero che una portaerei, per il valore che le dò io, può meritare tranquillamente il nome “Bush”.

Ma, tornando alla valanga di notizie deliranti che subiamo quotidianamente, per non farci mancare nulla uno dei problemi politici di maggiore importanza che assilla in questi giorni il nostro governo, considerando la florida situazione economica del paese, è se dimezzare il budget previsto per l’acquisto di F35, ovviamente americani. I nostri politici stanno discutendo se dimezzare, non eliminare, proprio quei caccia che nel pezzo di Repubblica che riportavo pocanzi venivano definiti un “controverso progetto”. Similmente sarebbe un po’ come dire: noi italiani guidiamo Ferrari, agli americani vendiamo Fiat Punto difettose?

Ci stiamo chiedendo se dimezzare il budget! Vi ricordate lo schianto, in volo d’esercitazione, di due nostri caccia avvenuto solo qualche settimana fa? Quattro piloti morti! Da una mente intuitiva questo fatto poteva anche essere interpretato come un messaggio divino: “Vi fate male, lasciate perdere la guerra e i caccia!”. Ma qui pare che le intuizioni non vadano per la maggiore. Qui si conclude: “Due caccia in meno? Ne compriamo altri dieci! (da rottamare)”. Il meraviglioso business spettacolo della guerra continua ad andare in onda e le genti di tutto il mondo vengono soffocate da queste rappresentazioni grottesche è vergognose di un qualcosa che nei fatti è puro orrore.

L’immagine qui di seguito è più vicina alla realtà; due ragazzi Siriani che dopo i bombardamenti traslocano casa e mobilio: una moto e due valige! Non so se noi, al loro posto, avremmo quelle facce sorridenti?

Sempre su Repubblica, il giornalista Michele Smargiassi scrive: “Quel "terribile amore per la guerra" da cui ci mette in guardia il filosofo James Hillman, come tutte le umane pulsioni libidiche, è affamato di immagini, non ne ha mai a sufficienza, non ne rifiuta alcuna. I fotografi di guerra più consapevoli sentono la trappola sotto i piedi, capiscono quanto sia difficile, forse impossibile, produrre visioni della guerra che non siano per la guerra, figuriamoci contro la guerra. Toccano con mano il conflitto straziante fra il dovere della testimonianza e il rischio della propaganda. La lotta dei fotografi con le insidie delle loro stesse immagini è una guerra dentro la guerra, che ciascuno vince o perde, che a volte travolge e uccide come la guerra vera”.

Fra tanti articoli spazzatura qualcosa si salva, qualche voce riesce a passare attraverso il puzzo generale e regalarci riflessioni importanti. Smargiassi ci parla della facilità con cui ogni tentativo di mostrare l’orrore venga trasformato e usato per fomentare l’odio, la divisione e la sofferenza. Ci mette in guardia spiegandoci che un fotoreporter attento e sensibile, come un giornalista, non bastano a trasmettere la profondità e la complessità dei fatti. Se ogni singolo individuo non si pone come critico e riflessivo interprete del fiume di contenuti mediatici a cui siamo costantemente esposti, non v’è speranza di salvarsi dalla manipolazione e dallo sfruttamento pianificato.

Vorrei che queste mia parole, come sempre sottolineo quando scrivo qualcosa in merito a questi delicati argomenti, non finissero nel facile cestino del giudicarmi antiamericano, israeliano o qualche altra banalità del genere. Queste mie parole vorrebbero essere una riflessione amara, quanto aperta alla speranza, sul comportamento che da anni l’Occidente tiene e agisce nei confronti di se stesso e del mondo. L’Occidente, con a capo gli Stati Uniti, sta progressivamente distruggendo quel patrimonio di civiltà e valori che forse aveva faticosamente costruito, agendo criminalmente nascosto dai simulacri dei valori che va predicando.

Parla di democrazia, libertà e dignità umana, ma se guardiamo bene agisce per puro interesse economico, e nemmeno di un’intera nazione, ma unicamente di ristretti gruppi di potere. Tutto ciò accade grazie alla facilità con cui l’establishment può pilotare l’opinione pubblica. Come popolo siamo così profondamente schiacciati nelle nostre faccende quotidiane da non riuscire nemmeno più a comprendere quando stiamo agendo contro noi stessi.

Ci stiamo nutrendo del nostro stesso corpo convinti di fare cosa buona e utile per il nostro futuro. Stiamo diventando cannibali! Obama tuona contro la Russia, tanto siamo noi europei quelli che ci vivono accanto, che hanno stretti scambi economici, necessità reciproche da preservare ed eventuali conseguenze sotto ogni aspetto. L’America, con allegro appoggio dell’Europa, bombarda il Medio Oriente, tanto i barconi di disperati non attraverseranno mai l’oceano Atlantico. E l’Italia in tutto ciò pare proprio la più folle di tutte le nazioni europee. Siamo una nazione dai grandi rapporti economici con la Russia, la più vicina alle terre dei conflitti, la più esposta alle migrazioni, la più assediata dalle basi americane, fra le più penalizzate dalla linea economica e politica che perpetra un’Europa fortemente guidata dalle necessità della Germania e dei suoi satelliti (Olanda, Belgio, Austria..), ma il governo è sereno e discute se dimezzare l’acquisto di caccia. Forse l’idea è quella di bombardare gli italiani? A questo punto non mi stupirei tanto.  Dal mio punto di vista, accecati dal desiderio di dominare e sfruttare economie emergenti estremamente potenti come quelle di Cina e India, o impedire la crescita di paesi dal potenziale sicuramente dubbio e pericoloso, l’Occidente ha dimenticato se stesso, la sua storia e la sua reale forza. Abbiamo dimenticato due guerre mondiali, gli anni della guerra fredda con la loro constante angoscia di una possibile apocalisse nucleare. Abbiamo dimenticato molte cose, ma soprattutto abbiamo perso il coraggio di vivere e condividere quelli che potenzialmente erano le nostre reali conquiste. Non abbiamo spiegato alla Cina che non si fa economia e società reale usando le persone come i buoi nel medioevo. Non abbiamo imposto un blocco alle merci che arrivavano dal lavoro di uomini trattati come schiavi e preteso un rapido progresso a favore dei diritti umani.

Abbiamo aperto i mercati affinché le aziende più potenti in primis potessero liberamente usufruire dei vantaggi che i mali d’altre nazioni potevano procurargli. Non abbiamo lavorato per fermare un’epidemia, ma per diffonderla e guadagnarvi il più possibile grazie al suo carico di dolore e ingiustizia sociale. E così uno di quei valori di cui eravamo depositari, la dignità e l’importanza del lavoro, è stato rinnegato.

Non abbiamo disarmato e ammonito quei paesi dove la vita umana vale quanto quella di un moscerino e le cui leadership costituivano un reale pericolo per la sicurezza internazionale, anzi, abbiamo usato la loro povertà morale e inferiorità tecnologica per attaccarli e depredarli di ogni bene, divenendo così noi stessi uguali se non peggio di chi criticavamo. E così un altro di quei valori di cui eravamo potenzialmente custodi, il rispetto di ogni vita umana, è stato rinnegato. Non abbiamo speso energie e denaro per aprire strade fatte di diritti e crescita per donne e bambini che vivevano in condizioni di sfruttamento e violenza in molte zone del Medio Oriente.

Tante parole e tanta carta sicuramente le abbiamo consumate, ma nei fatti abbiamo usato la stupidità del maschilismo e del fondamentalismo religioso che dominavano quelle società per isolarle ancor più nella loro condizione, incensandoci con la nostra pretesa superiorità, senza capire che vera libertà e umanità, non appena divengono sfoggio di superiorità e pretesti per conflitti ed emarginazione, si trasformano esse stesse in vili ideologie di prevaricazione e abuso. E così un altro di quei valori di cui eravamo potenzialmente garanti, la giustizia, è stato gettato.

L’Occidente era potenzialmente garante di un qualcosa che per rimanere un valore doveva essere di tutti e per tutti. Abbiamo inteso le nostre conquiste, ancora una volta, per noi, per pochi, per sempre meno. Oggi vediamo bene a nostre spese quanto questa logica sia inarrestabile e devastante. Il mondo è uno, l’umanità è una, pertanto, quando si inizia ad essere indifferenti al dolore altrui o persino approfittatori, la guerra e la sofferenza vengono a bussare alle nostre porte, entrano dalle fessure delle finestre, sino a renderci a nostra volta “altri”, alieni a noi stessi.  

La guerra per alcuni è un conto in banca sempre più grande, l’esaltazione di guidare un caccia Raptor, un nuovo discorso alla nazione o una nuova testata giornalistica. Per la maggioranza delle persone che la subiscono è un’invocazione a Dio sussurrata alla finestra, perché l’odore della morte si fa sempre più vicino, intimo, personale. Non so se esista ancora un Occidente abitato da quel Qualcosa che con amore e sofferenza si pensava di aver costruito sino a pensare di poterlo persino condividere e donarlo. Non lo so! Paradossalmente, a pochi anni dalla creazione di questa Europa unita, mi chiedo se mai come ora, dall’ultimo dopoguerra ad oggi, si sia mai vista un’Europa così persa e povera sotto tutti i punti di vista.

Tags: Riflessioni sulla vita, Riflessioni sulla guerra e il conflitto

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Commenti   

# Ivanaz 2014-09-25 09:29
Riflessione molto interessante e preoccupante. :sad:
# Marco Peruffo 2014-09-25 09:39
Trovo l'analisi molto azzeccata e dolorosa. Speriamo che dalla finestra non si inizino a vedere anche qui le bombe cadere.
# Tranchi 2014-09-25 12:01
Uno solo!!! Anzi due.
Anche se l'umanita', con queste continue guerre e distruzioni fosse rasa al suolo incenenita dal suo stesso fuoco di egoismo e crudelta', e rimanesse in vita un solo individuo,anzi due,quanto credi che impiegherebbero a germogliare i semi del male rimasti impressi nel dna dell'inconsapevolezza?
Si potrebbe per assurdo solo sperare che la Vita avesse compassione di se stessa,cosi' ferita e mortificata,cos i' disprezzata e trascurata,da non generare piu' creature cosi' irriconoscenti e irresponsabili. Ma cio' e' impossibile,per che' se dico uomo dico dualita'e libero arbitrio...
Caro Pier,cosa possiamo fare? Potremmo "armarci e partire" anche noi,ma cosa risolveremmo se non magari rimetterci questa vecchia pellaccia?
Tu hai il dono di saper scrivere,di saper arrivare al cuore delle persone,e questo e' gia' un fare costruttivo,ma cosa puo' chi e' gia' stata di ingombro, complice inconsapevole del sistema e distratta testimone?
Ora me ne sto ferma qui,sentendomi dentro punte di acuta amarezza,,medit o con il Mondo nel mio grembo,e lo cullo al ritmo del mio respiro,lascian do al Silenzio una preghiera muta.
Forse questo non e' l'atteggiamento migliore, sicuramente i piu',compreso te, preferiscono un fare fisico,delle azioni pratiche concrete,ma questo so fare,questo sento di fare,dopo un tanto dafare maldestro.Il Mondo sofferente che stringo al seno fa parte di me,e da madre compassionevole ne vedo la Luce oltre le ombre della sua inconsapevolezza.
Ci vorrebbero infiniti e potenti venti di buon senso,che riuscissero a spazzare via la nebbia che ottunde le nostre menti,comincio da me,dobbiamo cominciare o ricominciare da noi, con una leggera brezza soffiata nel cuore di chi ci sta accanto.
# mirtao64 2014-09-28 16:02
Io penso che i veri responsabili di quello che sta succedendo sono le persone comuni....non è Obama, Bush, Putin...no...si amo noi..e porca puttana mi ci metto pure io. Per uscire da questa perversione ci vuole coraggio...cosa vuol dire coraggio ? Vuol dire informarsi ed evitare di portare acqua a che commercia armi, compresi i soldini che, per chi ce li ha vengono messi nelle banche, che danno gli interessi più alti...perchè non usare banca etica ? Vuol dire scollocarsi da lavori allucinanti dove ciò che si produce è morte....morte del pensiero, morte delle coscienze, morte dell'amor proprio e...spesso morte vera e propria delle genti e del territorio (un esempio allucinante su tutti in larga scala l'ILVA di Taranto). Vuol dire andare per strada ad aiutare i bisognosi e se i bisognosi siamo noi avere il coraggio di farsi aiutare. Vuol dire avere il coraggio di aprirsi senza ammantare i propri problemii nella "spiritualità". ..o nella religione. Vuol dire avere il coraggio di spogliarsi e guardarsi in faccia. Vuol dire avere il coraggio di vivere e mrorire come donne e uomini liberi. Non è affatto facile ma è l'unico scopo per cui valga la pena vivere.

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