Passione, ossessioni e senso del dovere
Renata ha scritto: Come riuscire a fare le cose con passione? Cosa pensi del senso del dovere, del fatto che spesso non facciamo ciò che veramente vogliamo? Perché ciò accade? Ad esempio il mio attuale desiderio di contemplare la natura e non fare nient'altro come si concilia con la responsabilità che ha un adulto di badare a se stesso adeguandosi a fare anche cose che non piacciono ma che sono necessarie per sopravvivere?
Pier ha risposto: Per quanto riguarda la passione ritengo che se riusciamo a vuotare la mente dai suoi contenuti ogni cosa viene fatta con passione. La maggior parte delle persone parla tanto di passioni, energia, carisma, ma fidati, osservali bene, scoprirai che mentono. Sono ossessionati, disturbati, bruciati da desideri laceranti e pensieri logorroici, non vivono vere passioni che generano energia creativa e bellezza. Vi sono poi tante persone che scambiano la forza e la profondità della passione che nasce dal cuore con frivoli passatempi. Per quel che riguarda poi il senso del dovere, lo ritegno una delle malattie mentali più pericolose e non riconosciute, qualcosa che insegna chi, oscurato dalla paura, prova a dare una risposta alla sofferenza senza però aver conosciuto l’amore. Il senso del dovere è una costrizione, l’osservanza di un comandamento, magari buono, ma nulla di imposto può essere sentito, amato e voluto veramente. Alla lunga a cosa porta un’azione sentita come qualcosa di forzato? Per non parlare poi dei sentimenti. Un genitore o un amico che fa qualcosa per senso del dovere, tu lo vorresti? Chi lo vorrebbe? Forse molti, ma solo perché troppe persone vivono nella testa, programmate, senza nemmeno intuire cosa significhi fare e sentire partendo dal desiderio e dall’amore. Cos’altro vuoi che dica del dovere? Sono cresciuto in un ambiente soffocato dal senso del dovere, in un luogo che ha fatto del lavoro e della fatica virtù intoccabili. Ieri c’era il solito titolone d’effetto esposto fuori dalle edicole: “Disoccupato e disperato si suicida con i sui cani”. Prima scrivono disoccupato e poi disperato, come se l’essere disoccupato spieghi più della disperazione il suicidio. Si è suicidato più per disoccupazione che per disperazione o, se vogliamo vederla più leggera, la disperazione è solo causa della disoccupazione. La disoccupazione è mortale perché annulla il senso del “dover lavorare per essere un vero uomo”. Non si è suicidato perché per una vita nessuno lo ha aiutato a comprendere che la libertà, l’amore e il valore di un uomo esistono in lui sopra ogni altra cosa, compreso il lavoro. Non si è suicidato per mancanza di relazioni vere e profonde. Si è suicidato per disoccupazione. Questo te la dice lunga su come siamo ridotti. E quanti leggendo quel titolo pensano: “Che peccato, che brutto momento, questa crisi, questa mancanza di lavoro ci sta rovinando”? La crisi ci fa solo vedere quanto forti e vere sono le nostre relazioni, dove abbiamo riposto i nostri valori. Dio denaro se perde il denaro muore. Dio lavoro, fatica e schei (come si dice in qui), se perde il lavoro cade nella disperazione. Grande è la mia pena e comprensione per il defunto e i parenti, non sto criticando la persona, un gesto che nel suo accadere è inevitabile, ma una società che coltiva il “dovere” a discapito di ciò che è spontaneo e innato. Se ci fosse meno “dovere” e più amore e compassione forse quell’uomo non si sarebbe sentito così solo e inutile, forse sarebbe ancora fra noi, come tanti altri.
Gentile Renata, se le radici della nostra coscienza non vengono riconosciute nel “cuore” (loro unica sede reale), ma sono pensate nel lavoro, nel denaro, nell’auto, nel conto in banca, nei figli, nel compagno, nel gatto o in chissà cos’altro, i guai attendono solo il momento migliore per farsi sentire. Liberarsi dagli attaccamenti e amare incondizionatamente, questa è la cura, non dovere, fatica per fatica, cilicio, timore di Dio e affini.
Per quanto riguarda poi il fare cose che non ci piacciono, è una questione estremamente relativa e soggettiva. Se una cosa non mi piace non la faccio, se devo farla trovo il mondo di farmela piacere. Diverso è quando parliamo di cose importanti, che non rientrano nel piacevole o spiacevole. Ho un figlio piccolo e un lavoro poco piacevole. Difficile dire che non mi piace, con quel senso di inutilità che spesso tale definizione porta con sé. Puoi dire che l’attuale lavoro non è ciò che desideri, che stai attendendo di trovare qualcosa di meglio, ma sicuramente lo ritieni importante e lo rispetti e onori perché permette a te e a tuo figlio di vivere e crescere. Insomma, dal mio punto di vista, se ciò che facciamo fa parte di un significato più grande, se rientra in un quadro d’amore, anche le cose più noiose si trasformano in momentanei passaggi indispensabili. Nietzsche scrisse: “Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come”.
Tags: Ricerca della felicità, Equilibrio interiore
Commenti
Mi trovo molto d'accordo con la citazione di Nietzsche "chi ha un perché per vivere sopporta ogni come".Infatti io non sopporto nulla
Questi miei interrogativi derivano dal fatto che, nonostante la mia veneranda eta, che mi vorrebbe un'adulta capace di sopportare con dignità e forza le fatiche della vita necessarie a sopravvivere o ad alimentare fini più nobili, io persevero in uno stato limbico (sono disoccupata a intermittenza) in cui evito accuratamente di rendermi autonoma e di pensare ad autosostenermi. Mi sembra che nulla m'interessi davvero, che quell'amore di cui tu parli sia qualcosa di totalmente estraneo a me.Con il mio compagno (che abita lontano) si pensava di trasferirsi in una città estera per poter iniziare 1 vita insieme ma io sono terrorizzata memore di tutte le esperienze lavorative passate in cui il mio ego masochista ha sempre messo a punto una certosina opera di autosabotaggio e autodistruzione .Non capisco se queste emozioni originano da un desiderio profondo di mantenere il mio status quo di eterna incapace (condizionament i) o se effettivamente la mia identificazione con la bambina inetta mi ha portato a non sviluppare risorse "concrete".Prov o ad osservarmi in quei momenti di crisi ma non e' semplice.Sono molto confusa, non so da che parte stare.Una parte di me , viste alcune mie reazioni, crede alla favola che sono un essere indegno e immeritevole, l'altra parte cerca di assistere a questo come all'ennesima messa in scena della mente.Vorrei entrare in contatto con me stessa affinché tutto ciò che mi accade non possa essere altro che una diretta espressione di me..provare la pace del cuore e dell'anima.
Dimentica il denaro come fattore di autonomia e scopri la reale libertà. Investi le tue energie nel comprendere come la questione autonomia economica, disvalore personale e balle varie ti stiano offuscano la percezione dell’esistenza. Dici poi che una parte di te crede alle favole, un'altra parte cerca di assistere a tutto ciò, ma tu non sei nessuna delle tue due parti. Lo comprendi? Se le percepisci significa che non sono te: tu sei il percettore! Le due parti che descrivi in realtà si auto alimentano. Sbattitene di entrambe e scopriti fuori dalla bottiglia.
Stai alla radice, scopri la natura del percettore, meditalo e godi il sole, la pioggia, il caffe, l'acqua, tutto quello che c’è. Non pensare al denaro, cerca un lavoro che ami, ti desse 2 euro al giorno.
Qualcosa nella tua mente è fortemente legato alla prestazione e al guadagno come idee di valore identitario e sociale. Sei veneta? Guarda che è una malattia! Battute a parte, osserva con occhi nuovi. Se sino ad oggi hai mangiato significa probabilmente che mangerai anche domani. Il guaio è che questi pensieri ti hanno fatto mangiare sempre male, con la gastrite, e ti hanno distratta dalla possibilità di scoprire il tuo amore e le tue passioni interne reali verso quali lidi ti vogliono portare. Incenerisci le idee di guadagno e di riconoscimento della tua mente. Fai ciò che ami con tutta te stessa, fosse anche la sera ballare e cantare con tua figlia, il pomeriggio dormire e la mattina passeggiare al parco dando da mangiare ai piccioni e ascoltando le storie dei barboni. Non sai un essere felice che bene fa al mondo anche quando sta seduto sotto un pino, rispetto ad un uomo rancoroso e triste che ha potere!
Fidati, parlo per piena esperienza!
La pace che cerchi l'hai già qui ed ora se smetti di alimentare i condizionamenti della mente. Ma devi credere e vedere la realtà delle nostre parole. Se approcci la questione tiepidamente non andrai da nessuna parte.
Prova una delle varie meditazione che descrivo nel libro “Meditazione”, quella che più ti ispira. Separa la tua consapevolezza dai contenuti del pensiero, spenditi in lavori o azioni per il puro piacere di fare ciò che ami. Tutto verrà, non ho il minimo dubbio.
Buon lavoro, se lo credi...
Non identificarsi con la maschera che crediamo sia il nostro vero volto è impresa molto difficile, almeno per me.
Non sono veneta ma ci sono vicino
Immagino che ho finito i bonus a disposizione visto che negli ultimi tempi ho invaso questo blog con le mie domande.
Mi concentrerò sulla consapevolezza e ti farò sapere come va prossimamente su questi schermi.
Grazie ancora a te, Adelaide e Fabio.
Un caro saluto,
Nina
Buon lavoro!
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