Che senso ha la Pasqua?
Sarò breve, non voglio far rumore, visto che le campane della chiesa che mi sta di fronte non battono da due giorni e l’atmosfera è magnifica. Mi sembra di essere in paradiso. Silenzio… Poche macchine che passano… Silenzio! Sarò breve, perché anche questo silenzio sarà breve.
La parola “Pasqua” deriva dall’ebraico “pesach” che significa “passaggio”, “liberazione”, "passare oltre". Il termine e il suo significato provengono dalla narrazione della “decima piaga” contenuta nel libro della Bibbia: “Esodo, 12,21-34”. Il testo racconta come il Signore, vedendo il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele "passò oltre", colpendo solo i primogeniti maschi degli egizi, compreso il figlio del faraone, provocando la conseguente liberazione degli ebrei dalla schiavitù.
Con il cristianesimo la Pasqua acquisisce un nuovo significato, celebrando il passaggio dalla morte alla vita eterna di Gesù Cristo, e il passaggio a vita nuova per i cristiani, liberati dal peccato attraverso il sacrificio sulla croce del Cristo, e chiamati a risorgere con Lui. Che significato ha tutto ciò in quella che tu chiami “la mia spiritualità empirica”? Ha il significato che può avere ogni metafora che ribadisce e descrive il bisogno e il percorso di morte e resurrezione della nostra coscienza: un significato enorme! Il punto è che non mi troverai facilmente, almeno per mia scelta, in una chiesa o tanto meno a mangiare agnello o pane azzimo.
Dal mio punto di vista, dopo aver compreso il senso antico di queste scritture, è necessario portarlo con sé ogni giorno, trasformarlo in un fare, pensare e sentire nuovo istante dopo istante. La Pasqua non viene una volta all’anno ma accade in ogni momento se veramente vogliamo tentare di “passare oltre”, di renderci liberi da ogni forma di schiavitù e risorgere nel “Regno dei Cieli”. Cosa intendo? Pensi che la schiavitù sia finita con la liberazione degli ebrei? Pensi che gli uomini sino liberi e consapevoli della “Vita Eterna” perché Gesù è morto sulla croce?
Questi eventi rimangono inviti alla ribellione e alla trasformazione che se non vengono attuati e ben compresi giorno per giorno, da ogni singolo individuo, non servono a un bel niente. Spesso, anzi, dividono generando fazioni contrapposte e concezioni dolorose dell’esistenza. Non è la religione delle pecore, quella di chi va a ripetere parole e preghiere che nemmeno ben conosce o va a ribadire la sua fede per qualcuno che “ha sofferto ed è morto per lui,” ciò che ci rende esseri liberi e in pace. Non è l’identificazione a dei riti e a delle credenze che ci risveglia, anzi, tutto ciò di norma ci pone in conflitto gli uni contro gli altri.
Gesù è morto due volte. Una volta è morto al suo ego, liberando se stesso da ogni ignoranza prodotta dall’idea di avere un “Io” separato; idea che alberga nella mente della maggior parte di noi uomini e che è alla base di ogni sofferenza. La seconda volta ha sacrificato la sua vita corporea per amore dei suoi simili, per diffondere il Vangelo, e cioè la buona novella, la condivisione di una realizzazione intima: la comprensione che la maggior parte degli uomini vivono preda di un fraintendimento micidiale provocato dalla devastante identificazione della Coscienza con le cose dei sensi e del pensiero.
Gesù ha realizzato l’unità della vita, si è spogliato di ogni bene, cioè da ogni identificazione con le cose e le idee sulle cose. Sa d’essere “luce senza tempo che rende ogni cosa viva, amabile e bella, e che non teme morte alcuna”. Vede gli uomini soffrire e uccidersi perché convinti d’essere ciò che non sono: una cose fra le cose, un’entità fragile e momentanea come una mela o un verme, e che tenta quindi disperatamente di proteggersi e perdurare. Pienamente consapevole di tutto ciò invita alla conversione (guardarsi dentro, smettere di essere ossessionati dalle cose), invita al risveglio, alla piena consapevolezza della realtà indivisa dell’esistenza, dell’Essere senza tempo che anima e sostiene ogni vita, invita all’amore incondizionato. Il linguaggio è antico, pieno di metafore provenienti dalla vita contadina, fondato sui simboli e le credenze dell’ebraismo, ma poteva essere altrimenti? Gesù a chi parlava? A degli scienziati di Boston del 2014? No, parlava a ebrei e romani di duemila anni fa.
Sta a noi provare a comprendere la potenza e la verità racchiuse fra quelle antiche parole, e soprattutto intuire il sottile filo rosso che collega ogni messaggio che ci hanno tramandato tutti coloro che hanno realizzato le medesime vette della Coscienza umana. Le parole nella forma cambiano, ma nell’essenza appaiono identiche per chi ha un po’ d’orecchie per intendere e occhi per vedere: dal buddismo, all’induismo, all’islam e a tutte quelle infinite forme di trasmissione di quel che in origine è stata la realizzazione da parte di alcuni uomini dell’esperienza del risveglio della Coscienza. Pasqua significa ribellarsi ad ogni schiavitù, soprattutto a quella che noi stessi ci infliggiamo, giorno dopo giorno, continuando a non mettere in discussione le nostre idee, i nostri piccoli desideri, le nostre meschine intenzioni e, forse più di tutto, la nostra inconsapevole convinzione d’essere unicamente un corpo destinato a godere/soffrire per poi morire. Questa idea ci guida nel mondo sotterranea, inconscia quanto potente, e determina, a ben vedere, ogni nostro delirio. Abbiamo un’idea di noi, che nemmeno sappiamo e che pertanto non vagliamo. Non sappiamo chi siamo, ma cosa peggiore è che non sappiamo di non sapere, anzi, abbiamo pure, a momenti, l’arroganza di credere di conoscere.
Ecco all’ora che Pasqua significa morire a tutte le false idee di cui ci circondiamo. Significa divenire consapevoli della nostra ignoranza per poter così iniziare ad indagare, osservare, riflettere e studiare la realtà dei fatti, poiché è solo dalla comprensione della realtà che qualcosa di reale può scaturire, non certo dalla ripetizione meccanica e contrita di formule e riti che hanno perso il loro senso più profondo e vero nella notte dei tempi.
Ecco allora che per me Pasqua è ogni giorno, ogni momento, ogni relazione, ogni incontro, ogni mio pensiero, sentimento e azione.
Ogni esperienza dovrebbe essere sottoposta al confronto con la libertà e con l’intenzione di “passare oltre”, di superarsi per non impedirsi e impedire l’armonioso scorrere dell’esistenza.
Questa è la mia visione di una spiritualità empirica, concreta, reale più del pavimento che abbiamo sotto i piedi e delle tanto utili scoperte della scienza moderna.
Buona Pasqua
Tags: Riflessioni sulla vita, Equilibrio interiore
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