Buddha e Cristo sono morti?
Silvio ha scritto: Caro Pier, in un mio recente viaggio negli Stati Uniti ho incontrato un ricercatore spirituale che sostiene che anche il Buddha e il Cristo dopo essersi realizzati sono morti definitivamente. Costui sostiene che non esiste l'immortalità, l'anima o qualcosa che trascenda la morte e che questa è l'unica realtà. Quando leggo i tuoi scritti trovo sempre un messaggio aperto al dubbio, alla possibilità o comunque che non spacci mai per verità assoluta. Inoltre le tue parole infondono sempre una sorta di speranza, ma anche le parole di questa persona mi hanno colpito profondamente, lasciandomi però un senso di sconforto. Cosa ne pensi di un pensiero simile?
Pier ha risposto: Ciao Silvio! Questo Signore come fa a sapere che fine hanno fatto Cristo e il Buddha? L'unico modo che abbiamo per sapere che fine hanno fatto è fare la loro stessa “fine”, cioè seguire la strada che hanno indicato sino al capolinea, all'illuminazione o al raggiungimento del Regno del Dio, come lo definiva Gesù. Costui ha fatto ciò? Se l'ha fatto non mi pare che abbia raggiunto i risultati asseriti da questi maestri. Il Buddha parla di realizzare anattā, il non sé, Gesù di amore e trascendenza dell’egoismo per unirsi al Padre. Personalmente non vedo grandi differenze nell’essenza del messaggio delle due figure che ritengo l’apogeo della spiritualità d’oriente e d’occidente. Il punto veramente importante sta nel comprendere cosa significhi estinguere l'ego o personalità. L'ego, come insegna e invita a sperimentare ogni tradizione mistica, è una sovrastruttura mentale formata da una serie di memorie identificate al corpo che continuamente si ri-proiettano sul presente facendoci perdere il contatto con la realtà del presente. L'ego nasce dall'identificazione della consapevolezza con il corpo attraverso la mente. Quando la consapevolezza inizia a fare esperienze tramite il corpo le prime parole che apprende sono “Io, tu, mamma, papà…”, dove la prima è “Io”, non come verbalizzazione ma come sentimento di esistenza.
Il bambino deve passare attraverso il riconoscimento dell'altro e di se stesso, altrimenti rimarrebbe un vegetale, non riuscirebbe a conoscere nulla di questo mondo poiché tutta la conoscenza è fondata sulla dicotomia soggetto-oggetto. Il problema sorge quando pensiamo “Io sono” e inconsciamente identifichiamo l'Io al corpo. L’ente materiale è il garante della continuità della nostra idea di “Io” grazie alla memoria. Ciò generà il fenomeno “personalità” che nel tempo si espande raccogliendo memorie di esperienze positive e negative che lega all’idea di sé. Il corpo, concepito in questo modo, è unicamente un'idea limitata e contingente che oggi c'è domani non vi sarà più. Se non vi fosse “idea di sé” intesa come personalità non vi sarebbe frammentazione fra il nostro corpo e la vita.
Dove finisce il mio respiro e comincia il tuo, dov'è il confine fra cielo e terra, fra la notte e il giorno, fra le nuvole che volano nel cielo e le nuvole che si specchiano nei miei, nei tuoi, nei nostri occhi? I confini sono dati solo dalle parole, dalle idee della mente, mezzi utili per giocare con la vita, devastanti se concepiti come reali e fine a sé stessi. Quando iniziamo a considerare i mezzi come fine e il fine come un mezzo sono veramente guai seri. Quando la parola come idea diviene più importante del fatto reale che dovrebbe indicare, le fondamenta della sofferenza sono state edificate. Quando la parola “Dio” diviene più importante dell'esperienza reale d’amore universale che il termina Dio vuole indicare si può iniziare a uccidere in nome di Dio, e ovviamente non v'è nulla di più assurdo e folle che uccidere e combattere in nome di ciò che dovrebbe rappresentare la massima espressione di pace, amore, fratellanza e unità!
Se si è un po' sensibili e intelligenti si inizia a capire che quell'Io che conosciamo come corpo è destinato a morire. Pertanto ci si inizia a chiedere onestamente e intensamente: chi sono io? Sono veramente questa idea di corpo o è sorto un fraintendimento?
Viviamo moltissimi desideri, sogni, facciamo guerre, battaglie e alla base di tutto ciò v’è solo inconsapevolezza. La maggior parte delle persone preferisce vivere non ponendosi le domande fondamentali e aspettando che arrivi la morte. In quel momento ci penserà o inizierà a balbettare preghiere inutili sperando che le cose vadano bene. Ma le cose non andranno bene. Se possiamo scoprire la realtà proprio adesso, qui, guardando dentro di noi, perché rimandare a domani quando sarà tardi?
Proviamo ad investigare un po’ assieme. Chi percepisce ogni cosa da dentro il corpo? L’”Io”, dirai ovviamente, ma chi è questo “Io”? Ne ho mai fatto esperienza? Capita qualche volta di entrare in contatto con la nostra essenza, con la natura di quell'Io che si nasconde dietro ad ogni nostra esperienza e percezione. A volte stiamo prendendo un po' di sole, il vento è fresco e piacevole sulla pelle, per un attimo non pensiamo a nulla e la pace è immensa, tutto è silenzio. Ma subito iniziamo a dire: senti che bel sole, come si sta bene, non ho proprio voglia di tornare a lavoro domani... E così, con le nostre parole e la nostra solita voglia di verbalizzare tutto, perdiamo immediatamente la possibilità di approfondire la conoscenza di quel primo barlume di essenza. Appena ricominciano parole e idee la mente torna in gioco e la presenza che vive dietro il pensiero si perde.
Vi sono momenti in cui entriamo in contatto con la nostra essenza, ma dato che non la stiamo cercando consapevolmente, ma ci accade per caso, inaspettata, subito la perdiamo senza riconoscere cosa avviene realmente. Attribuiamo così la causa della nostra gioia a qualcosa di esterno: le passeggiate, il sesso, il sonno. Ma le cose non stanno così, quella pace profonda che a volte sentiamo venire d’improvviso, in realtà, nasce sempre dal contatto con la nostra essenza. Quando in amore raggiungiamo l'orgasmo, il fenomeno fisico è così intenso da sottrarre totalmente le energie alla mente, permettendoci di stare per qualche secondo senza pensieri. Quando facciamo un'intensa attività fisica accade la stessa cosa. L’attrazione che esercitano gli sport estremi ha sempre la stessa motivazione. Quando mi butto con il paracadute da un aereo la mente non pensa, si disattiva, interrompendo quella pesante e continua sensazione di tensione che mi abita.
Ma affinché ciò possa essere un’esperienza reale e non una teoria o un ennesima professione di fede dobbiamo avere l’intenzione di indagare e provare. Nulla si raggiunge senza desiderio e consapevolezza. Dobbiamo entrare in profonda armonia e fiducia con l’esistenza. Per andare oltre le forme e le limitazioni bisogna vincere la paura dell'infinito, dell'ignoto, e questo lo si fa un po' alla volta, entrando sempre più nel silenzio interiore, abbandonando quel frullio mentale costante che ci caratterizza, con tutte le sue tensioni emotive e fisiche. Tutto ciò è un processo di osservazione, di indagine, libero, condivisibile o confutabile. Chi pensa di avere una missione, di essere nel vero e che il mondo debba apprendere la sua lezione crea unicamente confusione. La vita e le relazioni nella loro essenza sono un fatto d'amore e di realtà! O c’è o non c’è, non posso convincere qualcuno ad amarmi, sarebbe ridicolo! Mettiamo quindi in discussione tutto quel che non ci convince, interroghiamo, interpelliamo saggi e ignoranti, mosche e zanzare, sino a quando inizieremo a sentire che le parole non hanno più importanza perché sono state sostituite dai fatti.
Se chiedi a me ti dirò che la Vita è eterna, ma non certo questa mia identità, fatta di memorie e proiezioni. Quando questa mente egocentrica si sarà dissolta nella consapevolezza della vita inesauribile da cui sorge cosa rimarrà in noi a temere la morte? Se il nucleo stesso che genera divisone e paura cessa di esistere cosa ci potrà separare dalle montagne, dalle stelle, dai fiumi e dagli spazi siderali? È solo un pugno di idee identificate al corpo che ci confina in una forma, nella sensazione di essere qualcosa di limitato e perituro.
Gentile Silvio, io affermo che questa vita è senza tempo, un’altra persona sostiene che non v'è nulla di immortale. Che differenza c'è fra un'idea e l'altra se queste rimangono solo parole? La mia è consolante, la sua è disperante. Forse è più facile prendere le mie parole perché l'idea di annientarsi totalmente terrorizza. Ma se le mie parole rimangono solo parole, quando verrà la morte e la malattia tutto si mostrerà inutile, e forse, proprio per questo, in quel momento, quest'uomo di cui mi parli ti potrà apparire più veritiero e onesto di quanto lo possa essere stato io, ma ne io ne quell’uomo centreremo qualcosa in quel giorno e nemmeno ora. Sei solo tu che puoi scoprire cos'è reale e cosa non lo è. Entrare in noi stessi è la risposta. Ogni giorno, consapevolmente, tenacemente, conquistiamoci momenti di non pensiero, di semplice abbandono e bellezza. Son certo che la risposta verrà, ma non sotto forma di teoria e parole, ma come esperienza di vita inesauribile.
Proseguendo il nostro viaggio verso casa...
Tags: Maestri spirituali, Riflessioni sulla morte
Commenti
E' il suo ambiente (la mamma) che sviluppa l'innato egoismo. Quindi la soluzione è solo quella di trovare un ambiente che sviluppi l'intenzione di superare l'egoismo. La parola soluzione è stata usata perchè l'approccio è scientifico e cioè parte da delle ipotesi da verificare (egoismo innato) e arriva a delle teorie (se il problema è l'ambiente, trovare l'ambiente che permette di sviluppare il desiderio di superare l'egoismo) che diventano semplicemente ipotesi per la prossima sperimentazione . ATTENZIONE: La parola soluzione non ha senso se non viene SPERIMENTATA L'IPOTESI INIZIALE! Per sperimentarla (egoismo innato) occorre semplicemente ascoltare la sensazione che da!
GRAZIE sempre per lo spazio che mi concedete in questo meraviglioso blog.
Giacomo
M
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