Ode alla Vita
Nell'essere dimora l'essere, ma per poter comprendere questa semplice affermazione, quante forme si devono attraversare, da quanti corpi devono uscire altri corpi
Verso il padre e la madre è implicito un debito di sangue che si tramanda di generazione in generazione, e benedetto è il figlio che nasce da uomini che non impongono pesi antichi sulle sue giovani spalle.
Ma verso lo spirito, quest'anima, cosa e come potrebbe mai contraccambiare?.
La materia soggiace alle sue leggi, la causa rivive nell'effetto, ma l'uomo, paradigma di se stesso, su chi o che cosa può fondare il significato della sua esistenza?
Chi stabilisce ciò che è vero e ciò che è falso quando si comprende l'ignoranza di coloro che ci hanno da sempre imposto i loro credo e quando s'intravede il terrore e lo smarrimento negli occhi di coloro che si proclamano nostre guide?
Ma prima di poter andare oltre le strade tracciate dagli uomini del nostro tempo, bisogna attraversare l'inferno delle opinioni, delle leggi figlie del bisogno, delle azioni nate dall'impotenza.
Quando guardai per la prima volta il mondo le mie mani erano vuote ed i miei piedi leggeri e veloci, ma non trascorse molto tempo prima che mi ritrovassi a trascinare pietre pesanti convinto d'aver ricevuto doni preziosi.
Da vecchi ciechi nascono infanti veggenti, ma che vincolati dalle catene dell'insufficienza sono costretti a chiudere i loro occhi per pagare il loro debito di sangue, per adempiere le stupide volontà di chi li lega con le necessità del corpo.
E' così che l'amore viene velato dall'inganno del bisogno. È così che la libertà viene perduta e le leggi della materia si rendono assolute.
E' per questo che i veggenti dimenticano di avere occhi, confinando altri esseri potenzialmente liberi nelle tenebre dell'ignoranza, in un eterno girotondo nauseante, in un vorticoso, inconcludente, niente.
Esseri immortali intrappolati da un ingannevole ricatto, una semplice illusione, caduti nell'assurda idea di poter morire.
Dolci e malinconici sono i ricordi che mi riportano alla mente gli anni dell'adolescenza, quando i sogni volavano sulle ali della speranza e l'amore era ancora un fuoco che bruciava senza ferire, poiché nell'innocenza dell'inesperienza non si conoscono le vie del desiderio e non si è consci che un giorno le fiamme divamperanno e il cuore sarà ridotto in cenere.
La Vita attraversò il mio cuore come un ladro silenzioso, mi incantò con uno sguardo e prese tutti i miei sogni, ma quale buon padrone resta ammaliato dallo sguardo di una ladra penetrata nella sua dimora, le mostra dove tiene tutti i suoi oggetti più preziosi, consegna le chiavi di tutte le porte, e chiede: puoi andare più adagio?, ho paura che tu te ne vada prima che il sole sia risorto, perché in te io vedo la luce, e mai come ora ho avuto paura del buio.
Si, proprio questo feci: Le spiegai come ferirmi, lasciai un pugnale stretto fra Le sue mani e Le porsi in dono la mia anima, solo per renderLa sicura del mio amore.
Ma come potevo fare altrimenti?
Lei veniva portando con Se un mistero antico, immersa nella tenue luce che avvolge le terre di confine, come quando sfuma il giorno, ma non è ancora notte, e il cielo si tinge di un rosso cupo, dando alle forme terrestri ombre e profondità.
In Lei scorsi le ultime luci del tramonto prima di sprofondare nel cuore delle tenebre.
L'ho odiata così a lungo, ma ora che sono ad un passo dall’aurora, tutto il passato mi appare un dolce e caro amico con cui ho condiviso un lungo viaggio, ed è per questo che ora mi permetto di sorridere, e perché no, di ringraziare.
Chissà quanto sarei rimasto nel limbo dell'incoscienza se Lei non mi avesse gettato nella fornace del mondo.
Provo ad immaginare la prima volta che i nostri corpi s'incontrarono e unirono nel più profondo e penetrante abbraccio che la materia possa concedere, provo a rievocare le sensazioni che provai quando i miei sensi sentirono per la prima volta l’eco della sua voce il giorno in cui abbandonai il ventre di mia madre per entrare nell’ignoto di questo mondo.
Son certo che quel bimbo che ero visse il suo nascere come un morire: “che strana questa nostra esistenza!”.
Deve esser stato come toccare la superficie di un limpido e fresco lago di montagna, nel quale lentamente sprofondavo e svanivo sino a divenire io stesso pura e scintillante acqua baciata dai raggi del sole.
Nudo fui gettato fra le braccia del mondo, e con gli occhi socchiusi e la testa leggermente inclinata iniziai un lungo e potente pianto.
Che gioco stupendo è il nascere e il morire, senza fine alcuno, senza piacere scontato.
Lei rimase in silenzio mentre ascoltava il mio lamento, ma le sue lacrime caddero fra le mie dita mentre sussurrava al mio orecchio: “È meraviglioso, non è mai stato così stupendo, resteremo insieme per sempre perché il tuo pianto è il mio pianto e la tua nascita è la mia resurrezione”.
Ed io bevevo ogni parola, ogni sensazione, aperto e vulnerabile, perché Lei era sempre stata con me, anche se allora non potevo saperlo.
La notte di quel giorno sprofondai poi in un dolce sonno, inconsapevole che all’indomani il gioco del tempo sarebbe iniziato.
È così che oggi immagino quel mio primo giorno, e per questo, con queste parole, vorrei adesso ripagarLa per questo miracolo:
Il cielo ha i Tuoi occhi
quando il sole nasce e scalda la terra
nel silenzio dell'aurora.
Commosso è il mio cuore
ora nel tramonto,
poiché solo la poesia
può parlarTi del mio amore.
Sto accarezzando la pelle del Tuo corpo
mente un pianto lieve
scende dal mio viso.
E' pace, è Grazia Divina!
Pier
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