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Disagio interiore

Karma e pastoie esistenziali

Giochi fra amiciNatalie ha scritto: Ciao Pier, ti scrivo perché se la tua missione è quella di donare, forse faccio un favore più grande a te che a me chiedendoti un parere. Sono sufficientemente presuntuosa da valutare molto attentamente le parole che mi vengono rivolte, eppure non ho ancora trovato le risposte che cerco e continuo a chiedere agli altri. Quello che desidererei da te, se possibile, è una chiave di interpretazione, le soluzioni forse sono chiare e già esistenti dentro di me, ma, ti assicuro, al momento, non riesco proprio a vederle, a coglierle. Ho fatto del male ad altri, ho subito grande male; in un'interpretazione pagana direi che ho un karma fortemente negativo, da scontare in questa e forse anche nelle prossime vite. Credi possa farcela in un'esistenza? Posso liberarmi dalle pastoie nelle quali mi sono invischiata e raggiungere almeno un moderato stato di serenità se non proprio di gioia? Troppo ermetica? Troppo criptica? Forse, ma la confusione è tanta. Sto pianificando un viaggio in Terra Santa a brevissimo: ho bisogno di spirito, del MIO spirito prima possibile! Devo centrare di nuovo, o per la prima volta, me stessa.

Ti ringrazio, fai buona vita,
Natalie

Pier ha risposto: Cara Natalie, la tua lettera è estremamente ermetica, oserei dire blindata, non spiega praticamente nulla della situazione che stai attraversando, ma forse proprio in questo sta la chiave di lettura di quel che vivi e senti. Sei isolata, chiusa in te stessa e in un costante atteggiamento di difesa, hai paura di dare e altrettanta paura di ricevere, forse perché non ti è mai stato insegnato il linguaggio della fiducia, forse perché non ti è mai stato donato amore o forse, quando questo è accaduto, ormai era troppo tardi e tu stavi già con i pugni chiusi e la testa bassa. Se le cose dovessero stare così, in questo sta la causa del tuo male e della tua confusione.

Affermi: “Ti scrivo perché, se la tua missione è quella di donare, forse faccio un favore più grande a te che a me chiedendoti un parere”. Ma dove hai raccolto questi pensieri? Io non ho alcuna missione e tanto meno vivo per donare. Questa vita è un fenomeno di condivisione e dono reciproco. Non è possibile donare senza ricevere e non è possibile ricevere senza donare. Questo è un fatto, che lo si voglia accettare oppure no. Sfortunatamente però, la nostra piccola mente legge la realtà delle cose sempre a metà o a pezzi, senza comprendere la reale portate degli eventi. Se si è vivi si è costantemente esposti all’incontro con l’altro, ed ogni volta che accade un incontro avviene anche un dono, perché l’incontro in sé è un dono. Non è possibile sottrarsi all’incontro con la vita, che è sempre dono immotivato e gratuito.

Beviamo la pioggia che cade dal cielo, respiriamo l’aria che portano i venti, veniamo scaldati dai raggi del sole, nutriti dai frutti della terra, rallegrati dal canto degli uccelli e dai giochi di colori dipinti nel cielo, e tutto ciò, anche se la maggior parte delle persone non lo vede, è un dono. Ogni giorno, da quando ci alziamo sino a quando ritorniamo a letto, incontriamo persone, situazioni e luoghi che riteniamo scontati, ma non lo sono affatto: domani potrebbe terminare ogni cosa, domani potrebbe essere il nostro ultimo giorno di vita, e sfortunatamente solo allora, forse, tutto questo ci apparirebbe come qualcosa di tremendamente speciale ed eccezionale. Non sappiamo perché siamo qui, non sappiamo per quanto vi rimarremo, ma per non dover fare i conti con il mistero della vita e la sua tremenda fragilità e forza, dimentichiamo di continuo che il nostro tempo è limitato, che il nostro esser vivi è un omaggio e che le cose più importanti e preziose, necessarie per essere sereni, ci vengono di continuo regalate a mani aperte. È proprio a causa di questo nostro continuo dimenticare la brevità delle nostre esistenze che possiamo così facilmente lasciarci andare alla rincorsa di cose sciocche e a inutili rancori e ferite del passato.

Ogni giorno, entrando in un bar, in un negozio, nel posto di lavoro, nella casa di un amico o in un qualsiasi altro luogo, qualcuno ci incontra con un sorriso, con una parola cortese, con uno sguardo sensuale o magari con una smorfia di fatica e dolore sul viso, con una parola dura o indifferente, ma comunque accada, questo è sempre e solo un dono, un qualcosa che ci cambia, che ci arricchisce, che ci dà la possibilità di scoprire nuove cose su noi stessi e sul mondo che ci circonda. Sfortunatamente l’idea imperante è che un dono è solo quel che ci fa piacere, che ci aspettiamo e desideriamo, ma se così fosse come potremmo crescere, arricchirci e cambiare? Se ottenessimo sempre e solo quel che desideriamo la vita sarebbe unicamente il sordo eco delle nostre stesse voci, dei nostri sempre uguali e monotoni desideri: che vita orrenda sarebbe! Fortunatamente, però, questa vita è un implacabile fenomeno di condivisione sempre nuovo.

Vivendo doniamo continuamente quel che siamo, belli o brutti, buoni o cattivi, e altrettanto riceviamo cose belle e cose brutte, buone e cattive. L’importante non sta in cosa riceviamo, ma nell’essere aperti al dono, perché se siamo aperti all’incontro e all’ascolto qualsiasi evento può divenire una porta. Se viceversa viviamo chiusi, blindati in noi stessi, nelle nostre solite idee, sordi alla vita, tutto viene continuamente sprecato e i nostri anni passano senza alcun significato. Colui che vive aperto e sensibile al mondo che lo circonda, anche dall’incontro con una persona chiusa e sofferente viene arricchito, fosse anche solo dal riconoscere la miseria che scaturisce dall’esser morti dentro. Diversamente, chi è morto dentro, non è in grado di riconoscere nulla, nemmeno il dono più grande: quell'amore che nonostante l'immane orrore del mondo, comunque, continua ad accadere.

Chi vive chiuso in se stesso è come un uomo che siede su una spiaggia ad occhi chiusi: il sole abbronza la sua pelle, illumina l’orizzonte, crea miliardi di scintillii riflettendosi sulle onde, ma lui non sa nulla di tutto ciò, anche se v'è totalmente immerso! Questa nostra esistenza è un fenomeno di totale interdipendenza e prima lo capiremo prima inizieremo a vivere serenamente e con fiducia questa condizione.

Affermi: “Ti scrivo perché se la tua missione è quella di donare, forse faccio un favore più grande a te che a me chiedendoti un parere”. Con questa frase stai comunicando una grande paura di ricevere qualcosa, poiché ricevere significa anche doversi rendere disponibili all’altro, esponendosi al rischio d’essere modificati, cambiati nel nostro essere e magari feriti, ma difendersi in continuazione significa non vivere. Non aprirsi significa morire interiormente, ma aprirsi ci espone alla possibilità di essere feriti. Questo circolo vizioso si spezza quando comprendiamo che anche il dolore più grande che può provenire dall’aprirsi alla vita è migliore del nauseante puzzo di morte che proviene dal vivere nella paura.

Scrivendomi non fai un favore né a me né a te, ma dimostri i primi germogli del tuo desiderio d’incontrare l’altro e di uscire dalla tua prigione, dalla tua confusione, ma per fare ciò devi essere totale, completamente aperta all’ascolto e all’incontro, altrimenti anche questo tentativo cadrà nel nulla, come ogni altro. Se non abbassi le difese non ti basteranno mille viaggi in mille terre sante per smettere di soffrire e far soffrire. Importante non è ciò che fai, dove vai o chi incontri, ma come incontri qualcuno, come fai e come entri in un viaggio, con quale disposizione interiore. Ciò che importa è la disposizione del tuo animo.

Scrivi poi: “Sono sufficientemente presuntuosa da valutare molto attentamente le parole che mi vengono rivolte, eppure non ho ancora trovato le risposte che cerco e continuo a chiedere agli altri”.

Se vai verso l’incontro e l’ascolto con presunzione cosa potrà scaturirne? Valuta molto attentamente le parole di chiunque, ma fallo sempre e comunque totalmente aperta all’ascolto. Cerca di divenire il più sensibile e ricettiva possibile, solo così riuscirai a cogliere ciò che è di nutrimento per il tuo Essere e scartare ciò che è nocivo. Ma se filtri la realtà attraverso il tuo orgoglio non riuscirai ad andare oltre i tuoi stessi pensieri e convincimenti. Dici di non riuscire a trovare le risposte che cerchi, ma forse, per cambiare veramente, non necessiti delle risposte che vorresti. Quel che ora vivi è solo confusione, e le risposte che ritieni di dover avere sono ovviamente frutto di quella stessa tua mente che ora vive confusa, saranno pertanto risposte altrettanto confuse e poco risolutive. Ecco allora che ancora una volta torno a dirti di abbandonare i tuoi confini, le tue difese, per invitarti a sentire, toccare e gustare quella realtà che ora non puoi nemmeno immaginare.

Tu dici: “Ho fatto del male ad altri, ho subito grande male da altri...” Bene! Quel che è stato è stato, ora è tempo di chiudere con il passato e di raccogliere la lezione. Se smetti di vivere entro gli automatismi e gli schemi della tua mente, quel che qui hai chiamato “karma” verrà bruciato in un istante. Il karma si perpetua quando non apprendiamo nulla dagli eventi che ci accadono. Viceversa quando la nostra consapevolezza penetra totalmente, momento per momento, i fatti che ci accadono, non esiste karma o destino che ci possa influenzare. 

Infine scrivi: “Credi possa farcela in un'esistenza? Posso liberarmi dalle pastoie nelle quali mi sono invischiata e raggiungere almeno un moderato stato di serenità se non proprio di gioia?” Potresti liberarti dalle pastoie in cui ti sei invischiata anche in questo istante se lo volessi veramente, ma il problema è che tu non vuoi solo liberati, ma vuoi anche raggiungere una certa felicità che altro non è che la proiezione della tua mente infelice. Lascia perdere la serenità, moderata o scellerata che sia.

Quando la nostra mente infelice inizia a sognare la felicità, genera uno stato emotivo di tensione basato su di un desiderio di fuga ed evitamento della realtà in cui siamo. Cadiamo così dalla padella alla brace, immaginando la felicità come uno stato futuro, lontano, privo di conflitti e dolori, quando invece l’unica pace possibile nasce da una totale accettazione e comprensione di ogni conflitto e dolore che esiste qui ed ora. Per concludere quanto detto fino ad ora vorrei lasciarti in compagnia delle splendide parole di Michael Adam.

Un abbraccio,
Pier 

“Forse il tentare porta persino all’infelicità. Forse tutto il rumore del mio desiderare ha tenuto lontano lo strano uccello dalle mie spalle. Ho inseguito la felicità così a lungo e così fortemente. Ho cercato nei luoghi più remoti, in lungo e in largo. Ho sempre immaginato che la felicità fosse un’isola nel fiume. Forse essa è il fiume. Pensavo che la felicità fosse il nome di una taverna in fondo alla strada. Forse essa è la strada.

Credevo che la felicità fosse sempre domani, e poi domani, domani ancora. Forse essa è qui. Forse essa è ora. E io ho guardato in qualsiasi altro luogo. Ma qui e ora, chiaramente, c’è infelicità. Forse, allora, non esiste una cosa come la felicità, forse la felicità non esiste. È solo un sogno creato da una mente infelice. Certamente, non può essere come io infelicemente la immagino. Qui e ora non c’è felicità. Quindi la felicità non esiste. Dunque non ho bisogno di sprecare ulteriormente me stesso in qualcosa che non esiste.

Posso dimenticarmi della felicità; posso smetterla di preoccuparmi e interessarmi invece a qualcosa che conosco, che sono in grado di sentire e sperimentare pienamente. La felicità è un sogno vano: e adesso è mattina. Mi posso svegliare in compagnia dell’infelicità, di ciò che è realmente sotto il sole in questo momento. Ma ora vedo quanto della mia infelicità viene dal cercare di essere felice; sono in grado persino di vedere che il cercare è infelicità. La felicità non cerca…Finalmente sono qui e ora. Finalmente sono quello che sono. Non pretendo nulla, sono a mio agio. Sono infelice – e allora?... Ma è questo ciò da cui scappo? È davvero infelicità?... e quando smetto di provare ad essere felice, o qualunque altra cosa, quando non cerco più, quando non mi preoccupo di andare da qualche parte, di ottenere qualcosa, allora si direbbe che sono già arrivato in uno strano luogo: sono qui e ora.

Quando mi rendo conto che non c’è niente che io possa fare, che tutto il mio fare è lo stesso sogno, nel momento in cui mi accorgo di ciò, la mia mente vecchia sognatrice e girovaga, in quel momento è immobile e presente. In quel momento, qui e ora, appare il mondo reale; vedi: qui e ora è già e sempre tutto ciò che avevo visto e che ho cercato di conseguire in qualunque posto lontano da me. E ancora di più: sono andato a caccia di ombre; la realtà è qui, in questo luogo soleggiato, in questo canto di uccelli, adesso. Era il mio inseguire la realtà che mi ha allontanato da essa, il desiderio mi assordava.

L’uccello stava cantando qui, per tutto il tempo… se io sono immobile e non mi preoccupo di trovare la felicità, allora si direbbe che la felicità sia in grado di trovare me. Essa esiste se io sono davvero immobile, come morto – se io sono completamente morto, qui e ora”. 

Michael Adam

 

Tags: Crisi spirituale

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