Madre e figlia: dipendenza e libertà
Sladjana ha scritto: Mia madre; mia madre è completamente diversa da me! Come madre le si potrebbero trovare mille difetti, ma solo dal mio o dal tuo punto di vista, perché lei ha fatto quello che poteva, entro i suoi limiti, ed io l’ho capito da tanto tempo, infatti, "andavamo e andiamo d'accordo". Meschinità, invadenza, piccole miserie di vario tipo, mia madre è capace di tutto questo. Ho sempre visto tutto, forse più e prima degli altri, ma ho giustificato tutto e continuo a farlo, adesso più che mai, visto che ha problemi di salute. Faccio questo, perché ho sempre visto mia madre come una vittima, perché era figlia di un tempo, forse meno amata dei suoi fratelli perché femmina, perché si è sposata molto giovane e ha fatto una vita di sacrifici, perché ha sposato un uomo piacente e basta, perché non ha mai lavorato fuori casa e non mi ha mai lasciato senza un pasto caldo? Perché mio padre non le ha mai regalato quei tanto amati fiori, perché è andata sotto la pioggia battente a raccogliere per me le ciliege, perché è ammalata e sempre più indifesa? Mi sento sempre in debito con mia madre, nonostante io fossi la figlia "buona" che ha sempre cercato di non darle troppi grattacapi, in qualche modo sento di averla lo stesso delusa e ferita, (compresa la mancanza di un figlio mio). Mi rendo conto che tutto questo dà l’idea di un rapporto patologico, ma secondo me lo è solo in quanto tutti i rapporti, se vengono analizzati bene, possono sembrare tali. Ma allora, di che cosa si tratta? Forse è semplicemente un amore incondizionato verso chi ti ha dato la vita, oppure un senso di dovere e rispetto innato che io ho, o magari il cordone ombelicale tra mia madre e me c'è ancora... Questa è una cosa mia, sono io che mi domando sulla normalità di tutto questo, quindi il "difetto" è mio, ma dove sta? Intendiamoci, io vivo normalmente, cerco di non trascurare nessuno dei miei ruoli , ma devo ammettere che quando so che mia madre non sta bene o ha bisogno di qualcosa vengo avvolta da una leggera depressione che mi toglie interesse per tutto il resto, mia madre diventa il centro dei miei pensieri e delle mie azioni. Ma un giorno quando lei non ci sarà più, che cosa succederà? Diventerò un’orfana o una madre inconsolabile?
Pier ha risposto: Tua madre è completamente diversa da te? Ne sei certa? Quando qualcuno mi dice d’essere completamente diverso dai suoi genitori mi viene sempre in mente l’immagine di una clessidra: anche se la rovesci misura sempre lo stesso tempo. La maggior parte dei genitori getta nei “campi dell’anima” dei propri figli una quantità di semi che nemmeno riusciamo a immaginare. È raro trovare dei genitori che cercano unicamente di far crescere, sani e forti, quei fiori e quei frutti che già si nascondono nel giardino dell’anima di un individuo.
I nostri genitori, o chi ci ha cresciuti, troppo spesso agiscono come degli “stampi” inconsapevoli che danno forma alla nostra struttura caratteriale, mentale, emotiva, a molto di quel che siamo, e nonostante spesso si abbia il desiderio di essere o divenire diversi da loro, la realtà è che quello “stampo” che viene impresso in noi vive e agisce ugualmente, spesso nascosto, rinnegato, rifuggito o più o meno modificato. Lo sforzo di un’intera vita sarà poi, pertanto, quello di comprendere e trascendere quello “stampo”, come ogni altra struttura condizionante acquisita, se veramente desideriamo vivere liberi.
“Trascendere i nostri genitori” significa vivere, comprendere e superare totalmente quei condizionamenti che vivono in noi e che ci sono stati trasmessi nell’infanzia. Una vera e sana educazione, dal mio punto di vista deve ancora nascere. Genitori, scuole, istituzioni, mass media…, sono prevalentemente organi di istruzione, formazione, ma non di educazione.
Educare significa “portare fuori”, far emergere quel qualcosa di misterioso e unico che dimora in ogni individuo. Quel che spesso fanno i genitori, invece, è condizionare, plasmare, costringere l’intelligenza creativa del bambino entro dei confini. Per poter educare bisogna essere individui educati, e per essere individui educati, o si è stati educati o ci si è educati da soli con grande fatica, sofferenza e volontà. Essere educati non centra nulla con le buone maniere, il galateo o sciocchezze simili. Significa vivere avendo scoperto quel tesoro che si nasconde in noi. Educata è la persona che ha condotto fuori da sé, che ha estratto dalle profondità dell’anima la propria consapevolezza. Il termine “educare” deriva infatti dal latino “e-ducere”, che significa portare fuori, liberare, e se iniziamo a vedere le cose da questa prospettiva fa veramente male vedere le forme e i modi con cui oggi intendiamo l’atto educativo. La vera educazione nasce solo da un naturale, spontaneo e amorevole rapporto fra un individuo libero (educato) e un individuo aperto alla relazione. I bambini sono per eccellenza anime educabili poiché il loro modo d’esistere è un’assoluta e totale apertura alla vita.
Cara Sladjana, dici d’essere totalmente diversa da tua madre. Se così fosse, questo vorrebbe dire che sei riuscita a trascendere il tuo passato, i tuoi condizionamenti, e che sei riuscita a divenire una persona educata, cioè una persona che è stata in grado di far emergere ed esperire la “luminosa” natura della sua Coscienza innata.
Ma da quel che scrivi nella tua lettera credo che questo tuo ritenerti totalmente diversa da tua madre sia soprattutto un desiderio di rimuovere e cancellare le ombre di quella figura materna che vive ancora nascosta in te. Tu scrivi: “Meschinità, invadenza, piccole miserie di vario tipo, mia madre è capace di tutto questo, ho sempre visto tutto, forse più e prima degli altri, ma ho giustificato tutto e continuo a farlo, adesso più che mai, visto che ha problemi di salute”. Perché giustifichi tutto questo? Noi giustifichiamo qualcosa solo quando non abbiamo la capacità d’accettare la realtà di quel qualcosa. Giustificare è un’operazione razionale atta a lenire la sofferenza che nasce dal contatto con una realtà che non riusciamo ad accettare e che pertanto ci genere sofferenza. Giustifichiamo l’esistenza della morte con l’esistenza di Dio, l’esistenza del male con l’idea di una colpa originaria dell’uomo. Per ogni cosa la nostra mente può trovare una qualche giustificazione, ma giustificare non ci permette di comprendere veramente la natura di quel qualcosa, e quando non possiamo penetrare la reale natura di un fenomeno, non possiamo nemmeno trascenderlo. Non è quindi attraverso la giustificazione che possiamo risolvere una relazione complicata, ma unicamente grazie alla comprensione e disidentificazione da quella relazione. Osserva in maniera lucida e imparziale tutto ciò che accade in te e in tua madre quando vi incontrate. Ascolta tutte le emozioni e i pensieri che ti affiorano quando siete l’una accanto all’altra, e lentamente vedrai che fra voi si genererà una distanza che vi permetterà una nuova forma di dialogo e di comprensione, perlomeno in te. Se fra noi e un oggetto non v’è alcuna distanza, come ci sarà possibile vedere cos’è di fronte ai nostri occhi? Stessa cosa vale per le nostre relazioni. Quando siamo troppo coinvolti in una relazione, non siamo più capaci di vedere le dinamiche che governano e dirigono quel rapporto, divenendo così passeggeri di un treno senza macchinista. Spesso, inoltre, giustifichiamo i nostri genitori perché il vedere e l’accettare i loro limiti e i loro difetti significherebbe per noi dover accettare il fatto che non v’è più qualcuno a cui potersi appoggiare. Quante persone conservano per tutta la vita il desiderio di avere dei genitori o delle figure ideali, capaci di accudire e consolare nel momento del bisogno. Con quale facilità ci aggrappiamo a fedi, ideologie, identità? Che altro sono tutte queste cose se non il desiderio di vivere permanentemente sotto la protezione di un qualche grande “genitore”? E tutto accade, come dicevo poc’anzi, proprio perché sin dalla prima infanzia ci insegnano a dipendere da ciò che sta fuori da noi, soffocando la nostra consapevolezza.
Cara Sladjana, dici di vedere tua madre come una vittima. Vorrei invitarti a smettere di giustificare, giacché vittima, dal mio punto di vista, è solo colui che vuole vivere come tale. Tua madre ha più di sessant’anni, e vuoi dirmi che v’è sempre stato un colpevole, qualcuno o qualcosa che le ha impedito di trovare un po’ di libertà e serenità? La libertà, come abbiamo detto, fa paura, per questo molte persone si inventano o cercano prigioni e carcerieri. Dici inoltre di sentirti in debito con lei. Ma anche qui, per me, in debito si sente solo chi non ha il coraggio di vivere libero o la voglia di chiudere i conti con il passato. Chi ha paura della propria solitudine si aggrappa a qualcuno, e questo qualcuno, se accetta il peso, diviene responsabile dell’altro evitando così la propria solitudine. In questo girotondo la libertà si perde in un rimpallarsi di paure, colpe e responsabilità scaricate vicendevolmente.
Tu sei la figlia buona, vivi normalmente, senza trascurare nessuno dei ruoli che hai, poi ti chiedi se è amore incondizionato o un senso di dovere innato quello che provi nei confronti di tua madre. La mia risposta è che ogni bambino nasce con un amore incondizionato nei confronti dei suoi genitori. Il bambino non viene al mondo dicendo: “papà, tu non sei laureato, non guadagni bene, non hai sposato la donna giusta per me, non mi hai dato i fratellini che volevo…, papà mi hai deluso!”. Il bambino viene al mondo con una promessa di amore assoluto e incondizionato verso i propri genitori, sono questi ultimi che nel tempo mettono una serie di condizioni a questo amore, e quando l’amore incondizionato viene aggiogato a dei desideri personali ecco che si trasforma in un senso di dovere o di colpa. Il senso di dovere o la colpa che proviamo verso i nostri genitori è la prova tangibile che il nostro amore incondizionato è stato manipolato e non ricambiato. Tutto questo, se mi hai capito, non lo dico per accusare tua madre, ma per spingerti a vedere l’enorme dolore che questa donna porta con sé, e l’errore che tu continueresti a commettere se dovessi proseguire la tua vita entro queste logiche d’amore negato.
Quando sai che tua madre non sta bene vieni avvolta da una “leggera depressione” che ti toglie interesse per tutto il resto, così tua madre diviene il centro di tutti i tutti pensieri e di tutte le tue azioni. Non mi sembra poi così leggera questa depressione. Se fosse pesante cosa accadrebbe? L’amore che si nasconde in te è stato risucchiato nel vuoto che logora l’anima della tua povera mamma, e a sua volta, tua madre a riversato il suo amore nel vuoto dell’anima di qualcun altro, ma le leggi dell’esistenza non permettono che qualcuno viva la vita al posto nostro. Quando spendiamo tutte le nostre energie per colmare le mancanze di chi ci sta accanto o per corrispondere ai suoi desideri, compiamo un duplice errore. Da un lato sosteniamo un comportamento dipendente, e dall’altro consumiamo la nostra energia gettandola in un pozzo di disperazione che non vedremo mai colmo.
L’unica cosa assennata che possiamo fare è iniziare a preoccuparci di più per noi stessi senza pretendere che gli altri siano il mezzo per il raggiungimento della nostra pienezza interiore.
Se riuscirai a vivere senza asservirti ai bisogni egoistici di chi ti sta accanto e se, così radicata in te stessa, riuscirai ad accompagnare tua madre verso la fine, continuando a donarle quell’amore incondizionato che sempre le hai dato, ma finalmente purificato dal senso di dovere e dalla colpa, ecco che quel poco che per lei puoi ancora fare l’avrai fatto, e quel molto che per te devi ancora fare l’avrai iniziato a realizzare!
Tags: Aiuto psicologico, Problemi in famiglia
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