Un cane lungo la strada
Maria ha scritto: Caro Pier, forse il mio discorso ti sembrerà sentimentale, ma è una cosa che ancora adesso mi rende triste. Una sera mentre camminavo per strada con degli amici ho visto una cagna abbandonata che si trascinava per il marciapiede. Mi ha seguita ovunque e quando mi è caduto un pezzetto di carta per terra, credendo fosse cibo, si è precipitata a prenderlo. Poi mi ha guardata e nonostante non gli avessi dato quello che voleva, purtroppo non avevo nulla da darle, è venuta vicino per farsi accarezzare e mi ha fatto tante feste. In quel momento ho avvertito così tanto dolore che ho pianto. In quel momento non ho provato pietà per qualche parte di me che si immedesimavo nel cane, ma è come se avessi sentito la sua anima. Sono convinta che Dio possa esprimersi anche negli animali e negli esseri deboli e indifesi. Forse la grandezza dell’essere umano sta proprio nella sua fragilità?
Pier ha risposto: Gentile Maria, un cane passa per la strada e scambia una cartina che getti a terra per cibo, e nonostante sia affamato non se ne va deluso, ma si ferma per prendere le tue carezze e godersi il momento. Che maestro! Quanti di noi sono capaci di rispondere in questo modo? Quanti di noi cercano una cosa ma se ne trovano un’altra sono capaci di godersela ugualmente? Quanti sono capaci di cercare una cose e di rimanere aperti alla possibilità di vedere anche altro? Quanti sono interessati ad altro? Quanti di noi come quel cane sono capaci di vivere in armonia con l’istante? Io lo chiedo a me stesso ogni giorno e le risposte spesso non sono piacevoli. La Vita insegna attraverso ogni suo gesto, è in ogni gesto, è ogni gesto. Se solo fossimo capaci di guardare e comprendere non avremmo più bisogno di girovagare in ogni dove pieni d’ansia e d’aspettative. Se solo fossimo capaci di stare con l’attenzione “prima della punta del nostro naso” potremmo partecipare all’infinita danza della vita pieni di riconoscenza e serenità. Ma il nostro sguardo è sempre lontano, fisso su orizzonti parziali. In un tardo pomeriggio di fine estate stavo percorrendo in macchina un lungo rettilineo perso fra le campagne. Ad un tratto vidi qualcosa che lentamente si muoveva al centro della strada. Rallentai e, avvicinandomi, scorsi un uccellino probabilmente ferito dall’impatto con un auto che tentava di rialzarsi in volo. Non feci nemmeno in tempo a decidere cosa fare perché all’improvviso scese dal cielo un grosso uccello che prese al volo l’uccellino. Mi fermai stupido e dubbioso. Il primo pensiero che ebbi fu: “Ecco! Natura spietata, un uccellino già ferito finisce pure fra gli artigli di un rapace”. Ma mentre facevo questo pensiero il grande uccello nero, con una delicatezza incredibile depose l’uccellino ferito fra l’erba dei campi a diversi metri dal ciglio della strada e, senza nemmeno voltarsi, proseguì il suo volo verso l’orizzonte. Rimasi con il mio pensiero sulla “punta della mente” mentre cresceva in me un sentimento di commozione. La mia mente indottrinata già si vedeva Piero Angela spuntare da dietro un albero spiegando le fasi dell’accoppiamento di quelle due specie di volatili, i loro metodi di caccia e i sistemi di sopravvivenza. In quel particolare istante però, grazie a Dio, non spuntò nessun, così la mia povera consapevolezza mi poté comunicare che tutto ciò a cui avevo appena assistito era pura bellezza. Io, l’uccellino ferito, il grande uccello in volo, presenti, vivi in un unico movimento della coscienza. Questi istanti a volte accadono, se non ascoltiamo troppo il “Piero Angela” che è in noi. Istanti in cui la natura ci mostra il vero significato dell’essere pienamente vivi, liberi e spontanei, senza motivazioni, secondi fini, con l’unico piacere d’esserci ed Essere.
La dimensione spirituale è ogni cosa in ogni istante; l’unico individuo “alieno all’eterna festa” è l’uomo. Bisogna però dire, generalizzando, che fra l’uomo e gli animali v’è una differenza. L’uomo nasce come l’unico potenziale testimone della bellezza e della profondità della vita, e proprio per questo è anche l’unico disadattato. A noi la scelta: testimoni e custodi o disadattati scissi dal corpo indiviso dell’esistenza?
Nella tua lettera dici poi: “Sono convinta che Dio possa esprimersi anche negli animali e negli esseri deboli e indifesi”. Ritengo questo passaggio estremamente importante e vorrei chiarire il mio punto di vista. Quel cane non era debole ma indifeso. Le due cose sono, viste da una certa prospettiva, diametralmente opposte. L’uomo che vive indifeso per sua scelta e/o natura e non per contingenza o impotenza è, in realtà, l’essere massimamente libero e forte. Cosa intendo? Possiamo essere indifesi semplicemente perché siamo incapaci di trovare mezzi adeguati per lottare o perché incontriamo persone o situazioni estremamente più potenti di noi. Una persona che vive una tale condizione d’animo è dunque indifesa e fragile. Ma che dire di colui che non porta nella sua mente e nel suo cuore la minima idea di difesa e quindi nemmeno di attacco? Che dire di colui che ha compreso che la sua reale natura non teme alcun male e perciò non necessita di alcuna difesa? Puoi definirlo fragile? Forse agli occhi dei più, di coloro che si identificano con il corpo, con i possessi e i pensieri, può apparire debole. Ma chi è capace di vedere un po’ più in là sa che questa è l’unica vera forza. Gesù travolse l’anima dei suoi discepoli e terrorizzo quella dei potenti al punto che questi si sentirono così minacciati da un uomo che girava cavalcando un asino, senza alcun possesso e parlando d’amore, che lo dovettero crocifiggere. Socrate suscitò le medesime reazioni, e così Mansur e tanti altri uomini veramente liberi.
Insomma, si può essere indifesi in due modi diametralmente opposti: per impotenza o per piena potenza che nasce dal conoscere ciò che si è realmente, ciò che è la vita. L’ignorante di sé si percepisce inevitabilmente indifeso e fragile perché confonde la sua essenza con le cose che possiede, le idee e il corpo. La persona consapevole di sé è indifesa, ma al tempo stesso tremendamente potente. Certo, il suo corpo può essere facilmente ucciso perché la sua potenza non sta nella lotta, ma per quanto ci si difenda, il corpo, i nostri possessi e le nostre idee potranno forse vivere un minuto più di quanto la vita ha deciso? Non è forse il significato che scopriamo nel vivere e nel morire che conta infinitamente più di quanto e di come si vive? Già! A volte gli animali, inconsapevolmente, ci insegnano tutto ciò più della maggior parte dei nostri simili.
Tags: Maestri spirituali, Riflessioni sulla vita
Commenti
Solo l'uomo e' lontano da se stesso, dalla sua vera Natura e intento,perso in mille pensieri e desideri,ogni cosa e' radicata in se stessa,beatamen te completa e paga,oserei dire che l'uomo,figlio prediletto del Creato,e' l'unica cosa vivente a non vivere veramente.
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